La gita a Chiasso

Trent'anni di sconfinamenti culturali tra Svizzera e Italia (1935-1965)

Svizzera italiana (1941-1962)

La rivista «Svizzera italiana» fu fondata da Guido Calgari, Arminio Janner e Piero Bianconi nel 1941 con il sostegno della Pro Helvetia e con l’avallo del Dipartimento della Pubblica Educazione nella persona del suo direttore Giuseppe Lepori. Il primo numero uscì nel dicembre del 1941 salutato dalle parole di apertura dello stesso Lepori, di C. F. Ramuz e di Fritz Ernst, ovvero da alcuni dei massimi rappresentanti del cosiddetto elvetismo, cardine ideologico della politica culturale promossa da Philipp Etter nel 1938 e nota, specie durante il periodo bellico, come Difesa spirituale del Paese.

Copertina del primo numero della rivista «Svizzera italiana»

L’indole elvetista e la polemica con il circolo di Angioletti (1941-1946)

Se la nascita della rivista trovava dunque origine nella militanza elvetista, a questa stessa temperie ideologica è da ascrivere la rivendicazione di un’“italianità” eretta a baluardo contro le mire irredentiste del regime fascista. Erano gli anni, come ha ricordato Bonalumi, «in cui l’atteggiamento della pubblica opinione era, da noi, generalmente, di sospetto, quando non di netta chiusura nei riguardi di quanto ci poteva pervenire, sul piano culturale, sia da nord, sia da sud, e di una concomitante, spesso sproporzionata esaltazione dei valori autoctoni».1 In questo clima Giovanni Battista Angioletti fu inviato nel 1940 a dirigere a Lugano il “Circolo italiano di lettura”. Diresse inoltre la pagina letteraria del Corriere del Ticino e fondò, nel ’42, il “Premio Lugano di letteratura”. Di quest’intensa attività culturale svolta dall’Angioletti fino al 1945, Gianfranco Contini avrebbe anni dopo sottolineato l’importanza in termini di sprovincializzazione dell’ambiente letterario ticinese.2 Ma in questo stesso ambiente, in quanto emissario del governo mussoliniano, Angioletti veniva invece accolto con sospetto. Sicché, come ricorda sempre Bonalumi, Svizzera italiana nacque «con l’evidente intento, nei suoi primordi, almeno, di opporre all’opera svolta dal “Circolo di lettura italiana” una specie di antimurale indigenamente elvetizzante».3 Dell’astio nutrito dai fondatori della rivista verso Angioletti testimonia emblematicamente un interevento a dir poco tendenzioso di Arminio Janner subito dopo l’armistizio del 25 luglio 1943:

Attorno a G. B. Angioletti e al suo Circolo si polarizzarono […] i pochi intellettuali filofascisti esistenti fra noi, creando una specie di contraltare a Svizzera Italiana, un altare dedicato al culto dell’italianità pura, dell’italianità fascista.

Arminio Janner

A parte il fatto che fu Svizzera Italiana a nascere per fare da «contraltare» al Circolo, e non viceversa, è evidente l’intenzione di Janner di forzare il quadro onde rivendicare per il periodico, nella sua veste di difensore della «cultura italiana entro il quadro dell’ideale elvetico», il ruolo di paladino dell’antifascismo ().

Il sodalizio con l’associazione italo-svizzera di cultura (1946-1948)

Il secondo periodo circoscrivibile agli anni 1946-1948 fu forse il periodo più importante che segnò il sodalizio con la neonata Associazione italo-svizzera di cultura nata a Roma di cui «Svizzera italiana» divenne l’organo ufficiale (). Grazie soprattutto all’attività della redazione romana diretta da Giovanni Ferretti, il periodico ospitò in questi anni contributi del fior fiore dell’intellettualità italiana e fu, nelle parole di Calgari, l’espressione dell’«evidente bisogno di riprendere i contatti spirituali tra la vecchia democrazia elvetica e la giovane democrazia italiana, affermatasi con la liberazione» (). I sommari di questi anni testimoniano della ricchezza e della varietà dei contenuti che segnarono il punto più alto della vita della rivista ().

Gli attacchi dalla stampa liberale e di sinistra e il lento declino (1949-1962)

Col terzo periodo, 1949-1953, contrassegnato dalla fusione con la «Rivista Storica» di Aldo Crivelli, inizia fondamentalmente il lento declino della rivista. Nel 1953 Calgari lascia direzione che per un anno e mezzo passa a Piero Bianconi (quarto periodo). Il tenore degli argomenti, «nostrani, caserecci», testimonia di un processo di involuzione al limite del provincialismo. Scompaiono praticamente le collaborazioni dall’Italia e si affievolisce, specie dopo la morte di Giovanni Ferretti, il rapporto con l’Associazione italo-svizzera di cultura. L’ultimo periodo della rivista, dal 1955 al 1962, ratifica l’irreversibilità del processo involutivo e vede la rivista oggetto di ripetuti attacchi da parte della stampa liberale e di sinistra.


  1. Giovanni Bonalumi, Momenti delle lettere nella Svizzera Italiana ra il 1920 e il 1980, in Id., Il pane fatto in casa, Bellinzona, Casagrande, 1988, pp. 13-31, a p. 20
  2. In un’intervista radiofonica del 1979, Contini parla dell’importanza di Angioletti «per l’evoluzione della letteratura ticinese», poiché «una tale diffusione apostolica delle letteratura contemporanea prima di Angioletti non si era verificata». Ungaretti, Montale, Penna, Saba, Gadda, Vittorini, Landolfi sono solo alcuni degli autori letti al Circolo
  3. Bonalumi, Momenti delle lettere nella Svizzera Italiana ra il 1920 e il 1980, cit., p. 22. Sul rapporto tra il circolo di Angioletti e il gruppo calgariano si vedano inoltre le imprescindibili pagine di Pierre Codiroli, Tra fascio e balestra. Un’acerba contesa culturale (1941-1945), Locarno, Dadò, 1992, in particolare pp. 43-111.

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