La gita a Chiasso

Trent'anni di sconfinamenti culturali tra Svizzera e Italia (1935-1965)

A C D E F I
Ed El Eu

Elvetismo

L’elvetismo è il discorso nazional patriottico svizzero, promosso dall’élite di politici e intellettuali nelle quattro aree linguistiche della Confederazione, dall’ultimo decennio dell’Ottocento e nel corso del primo Novecento, fino agli anni Sessanta. Si tratta di un dispositivo discorsivo – formato da elementi figurativi e linguistici – che ebbe la funzione di narrare l’origine, l’evoluzione, il significato e il valore della Svizzera in quanto nazione al centro dell’Europa e delineare l’insieme dei caratteri identitari della popolazione confederata.

Il discorso elvetista rappresentò la risposta svizzera alle forme di nazionalismo che dilagarono nella maggior parte dei paesi europei nel corso del secondo Ottocento e del primo Novecento e che si alimentavano della logica secondo cui a una nazione dovessero corrispondere una cultura, una lingua, un’etnia. Essendo la Svizzera uno Stato plurilingue e multietnico – a cui la logica nazionalista basata sull’unità etnica e culturale non poteva essere applicata –, al suo interno si sviluppò una narrazione patriottica incentrata su alcuni elementi peculiari della realtà elvetica.

il dispositivo discorsivo e la sua funzione

Nell’elvetismo si riconosce l’attenzione al paesaggio montano, difatti le Alpi – secondo una concezione deterministica della natura – furono identificate come il luogo d’origine delle virtù morali della nazione (innanzitutto l’amore per la libertà e l’indipendenza politica e la necessità di restare neutrali di fronte ai conflitti europei). Intorno alle Alpi si sarebbe formato naturalmente un ordine politico federalista, ovvero una struttura in grado di accogliere e valorizzare le diversità culturali ed etniche delle tre grandi aree linguistiche del centro europeo. La popolazione svizzera – posta per volere divino intorno alle Alpi ed eletta a suo custode – sarebbe naturalmente propensa a svolgere un ruolo di mediazione tra le diverse culture e rappresenterebbe una sintesi tra la mentalità francese, tedesca e italiana.

Il discorso elvetista – in modo simile alle altre narrazioni nazionalistiche europee coeve – ebbe un doppio risultato: innanzitutto creò una distinzione tra un ‘noi’ (gli svizzeri) e un ‘loro’ (le popolazioni degli altri Paesi); secondariamente posizionò la Svizzera nel panorama europeo di inizio Novecento, soggetto ai mutamenti della seconda rivoluzione industriale e alle crescenti tensioni internazionali. L’elvetismo, in tal senso, si profilava come uno scudo protettivo di fronte allo spauracchio dell’irredentismo (sia sul fronte germanofono che italofono), che alimentava le paure intorno all’integrità nazionale percepite dalle autorità confederali.

Rifunzionalizzazione del concetto

Il concetto ebbe origine negli ultimi decenni dell’Ottocento nell’ambito della critica letteraria francofona dove indicava le peculiarità linguistiche della letteratura svizzera francese (il termine divenne popolare dopo la pubblicazione della storia della letteratura romanda di Gonzague de Reynold, Histoire littéraire de la Suisse au XVIII° siècle, in due volumi, nel 1909 e 1912). Al volgere del secolo e con l’avvicinarsi della Prima Guerra mondiale l’elvetismo iniziò a indicare i tratti identitari prima della Svizzera romanda e allemanda e poi anche italiana e romancia.

Il concetto venne promosso in seno a un circolo ristretto di intellettuali organici, attivi nella politica, nel giornalismo o nell’ambito accademico e residenti nelle maggiori città della Svizzera (per lo più tedesca e francese): tra di essi risaltano in particolare il politico Philip Etter (che scrisse la Botschaft des Bundesrates an die Bundesversammlung über die Organisation und die Aufgaben der schweizerischen Kulturwahrung und Kulturwerbung, riconosciuto come il manifesto programmatico della «Geistige Landesverteidigung»), i letterati romandi Gonzague de Reynold e Ernst Bovet, il professore di letteratura tedesca e comparata Fritz Ernst e promotori della cultura italofona Giuseppe Zoppi, Reto Raduolf Bezzola, Theophil Spoerri e Arminio Janner. Per quanto la sua funzione fosse quella di creare un senso di coesione che coinvolgesse l’insieme della popolazione svizzera, il discorso elvetista non riuscì mai a emergere dal circolo ristretto in cui venne originato e in definitiva non coinvolse che indirettamente la massa dei confederati.

L’elvetismo italofono

Per quanto concerne lo sviluppo del discorso elvetista nella Svizzera italiana si osserva un certo ritardo: solamente nel corso degli anni Trenta si solidificò una versione italofona della narrazione patriottica. Questa attinse agli elementi linguistici e figurativi del dispositivo discorsivo della versione confederata, senza, tuttavia, allontanarsi dalla narrazione ufficiale. Ciò non dovrebbe sorprendere, considerando che lo scopo del discorso nazional patriottico svizzero fu quello di creare un’identità nazionale coesa che coinvolgesse tutte le lingue e le culture della Confederazione.

Tuttavia, esaminando gli interventi degli elvetisti italofoni – tra cui in primo luogo la conferenza di Giuseppe Zoppi Vocazione europea della Svizzera e l’intervento di Reto R. Bezzola presso il campo di soldati e ufficiali italiani internati Libertà, diritti e doveri del cittadino nella democrazia svizzera – si nota come la versione dell’elvetismo per il pubblico di lingua italiana sia stata adattata alla storia e al contesto culturale della Svizzera a sud del Gottardo. Difatti l’elvetismo italofono si sviluppò di fronte al dibattito intorno all’italianità del Canton Ticino (particolarmente acceso negli anni tra le due Guerre Mondiali) come risposta alle spinte, talvolta pericolosamente vicine all’argomentazione irredentista che vollero rinforzare i legami dell’ambito culturale della Svizzera italiana con l’Italia, a discapito di quelli con i restanti Cantoni della Confederazione.

Declino dell’Elvetismo

L’elvetismo conobbe il suo momento di maggiore popolarità nel corso della Seconda Guerra mondiale, quando la politica culturale della Svizzera era determinata dalle imposizioni della Difesa spirituale del Paese. Al termine della guerra, in conseguenza del mutato assetto politico internazionale, all’elvetismo si sostituirono altre logiche che determinarono l’orientamento politico della Svizzera. Insieme alla generazione degli intellettuali coevi a Ernst, Zoppi e Spoerri si spensero anche gli interventi elvetisti.

In chiusura si ricorda soltanto un intervento radiofonico tenuto nel 1950 presso i microfoni della RTS sul tema della letteratura svizzera quadrilingue, dal titolo La littérature, reflet de lâme helvétique: vi parteciparono Giuseppe Zoppi, Henrie de Zigler, Paul Chaponnière, Reto R. Bezzola e Hans Zbinden. Il dibattito mette in luce come la narrazione nazionalista incentrata sul rapporto deterministico tra la popolazione svizzera e il paesaggio alpino sia ormai giunto a un punto di sterilità di fronte all’apertura europea che il panorama culturale post bellico stava attraversando.


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