La gita a Chiasso

Trent'anni di sconfinamenti culturali tra Svizzera e Italia (1935-1965)

Giovanni Ferretti


Nato a Torino nel 1885, Giovanni Ferretti fu una delle figure più importanti, e oggi meno note, della mediazione culturale tra Svizzera e Italia nel periodo compreso tra il 1935 e il 1952. Fu un alto funzionario per l’istruzione scolastica, ambito in cui ricoprì diversi ruoli tra il 1915 e il 1945, nonché studioso di Dante e Leopardi (oltre che del Risorgimento). Dal 1934 al 1939 insegnò lingua e letteratura italiana presso l’Università di Losanna. Dal 1941 al 1943 fu Direttore del Centro Studi per la Svizzera italiana a Roma, dove nel 1945 fondò l’Associazione italo-svizzera di cultura della quale fu Vicepresidente fino al 1952.

L’insegnamento scolastico, il soggiorno a Costantinopoli e il problema della scuola nelle zone di confine (1907-1921)

Laureatosi in lettere nel 1905, Ferretti iniziò ad insegnare nel 1907 come professore di scuole medie in varie città italiane. Nel 1912 si trasferì a Costantinopoli dove fino al 1914 insegnò presso l’Istituto tecnico commerciale italiano.1 Di quest’esperienza renderà conto in un articolo intitolato Le scuole italiane a Costantinopoli,2 primo documento che testimonia di quello che sarebbe divenuto l’interesse principale della sua vita, ovvero il problema dell’organizzazione scolastica. Decisiva fu in questo senso l’esperienza della prima guerra mondiale «quando», come ci informa Piero Calamandrei, «ufficiale richiamato alle armi, fu destinato al Segretariato generale per gli affari civili presso il Comando Supremo ed ebbe in tale ufficio l’incarico di organizzare le scuole nelle terre liberate e in Albania».3 Dopo una breve parentesi in Albania (febbraio – dicembre 1918), dove diresse le scuole della Dante Alighieri a Valona e Argirocastro, proseguì il proprio incarico in qualità di direttore della sezione scolastica dell’Ufficio centrale per le nuove provincie. Questo suo «delicato e impegnativo» lavoro è documentato dal volume intitolato La scuola nelle terre redente che egli pubblica per Vallecchi a Firenze nel 1923 e che resta a tutt’oggi uno dei più interessanti contributi al problema dell’organizzazione scolastica nelle zone di confine.4

L’avvento del fascismo e il trasferimento a Losanna (1922-1934)

Con l’avvento del fascismo iniziò per Ferretti un lungo periodo di peregrinazioni in giro per l’Italia dovuti ai ripetuti contrasti con l’amministrazione fascista. Nominato povveditore degli studi a Como, fu presto trasferito a L’Aquila dove dal ’23 al ’25 fu provveditore regionale agli studi negli Abruzzi.5 Presto inviso anche qui alle autorità fasciste per il suo anticonformismo, fu nuovamente trasferito prima a Caserta (1925-1930) e poi sull’isola di Rodi, dove resterà fino al 1932 in qualità di sovrintendente scolastico. Allontanato per ragioni politiche anche da Rodi, nel 1934, ci informa ancora il Calamandrei, «fu mandato ad Ancona, come provveditore per le Marche: era senza tessera, l’unico funzionario che nei ricevimenti ufficiali si presentava coi suoi panni, senza travestimento di “orbace”. Ma dopo pochi mesi, una mattina, andando in ufficio, trova sul suo tavolino un telegramma del Ministero indirizzato al suo successore, già nominato al suo posto, a sua insaputa, dodici giorni prima. È l’unico in Italia a cui tocchi essere retrocesso di grado dal ruolo dei provveditori a quello dei presidi, e comandato alla Laurenziana di Firenze, dove la direttrice non trova di meglio che utilizzarlo per compilare schedari».6 Nel ’34, finalmente, si trasferisce a Losanna dove ha in cura uno dei suoi figli.

Il periodo losannese (1934-1939)

A Losanna Ferretti insegnò lingua e letteratura italiana in qualità di privat-docent prima e di chargé de cours poi dal 1934 al 1939.7 La sua lezione inaugurale si tenne il 29 novembre del 1934, come riportato dalla «Gazette de Lausanne» (). Nella città vodese Ferretti trovò un ambiente non propriamente ostile al regime fascista, a cominciare da Pasquale Boninsegni (ordinario di economia politica e direttore della facoltà di scienze sociali) che nel 1937 fu il promotore e membro della delegazione che l’8 aprile si recò a Roma per conferire a Mussolini il dottorato honoris causa dell’Università di Losanna. Nel marzo del 1935, ovvero a pochi mesi dalla sua lezione inaugurale, Ferretti fu insieme a Boninsegni membro della delegazione governativa incaricata di consegnare alla Biblioteca Cantonale e Universitaria di Losanna un dono di Benito Mussolini.8 Per il resto Ferretti, pur non sottraendosi alle occasioni pubbliche con conferenze e letture, durante il periodo losannese non promosse mai (in contrasto con la sua spiccata vocazione di organizzatore e animatore culturale), manifestazioni ufficiali in funzione della diffusione della cultura italiana in Svizzera. In occasione della mostra sul Beau livre italien moderne, ad esempio, Ferretti, a differenza di Boninsegni, non figura né tra gli organizzatori né tra i membri del Comité d’honneur. Quale fosse l’atteggiamento di fondo di Ferretti nei confronti di tali manifestazioni in cui la promozione della cultura italiana finiva per fare il gioco della propaganda fascista emerge del resto molto chiaramente da due articoli rispettivamente pubblicati sulla «Nuova Antologia» nel marzo 1945 e su «Il Ponte» nel febbraio del 1949.9 In questo secondo scritto, facendo riferimento ad alcuni articoli che lamentavano la «crisi della nostra cultura all’estero» e la «carenza dello Stato in questo campo» invocando nostalgicamente un ritorno al ventennio, Ferretti commenta:

Confesso che non condivido questa nostalgia; e non la comprendo. La commistione, ch’era stata una norma del ventennio fascista, tra la difesa e il potenziamento della cultura italiana nel mondo e la difesa del regime di fronte all’opinione pubblica straniera, col proposito inconfessato ma palese di far servire quella difesa a questa, è stata troppo grave cosa perché sia lecito auspicare ora il ritorno di quella organizzazione e di quegli uomini.

Giovanni Ferretti

Per certi versi, dunque, il soggiorno losannese fu per Ferretti un periodo di vacanza forzata dove, impossibilitato all’azione, egli si dedicò agli studi storici e letterari (del resto mai abbandonati). Nel 1935 pubblica il suo saggio dantesco più impegnato, ovvero I due tempi della composizione della Divina Commedia (Bari, Laterza) e nello stesso anno cura l’edizione Zanichelli della Giovinezza di Francesco De Sanctis. Nel 1937 è la volta dei due volumi dell’epistolario di Pietro Giordani (Bari, Laterza) mentre nel 1940 esce per Zanichelli la sua biografia leopardiana (Vita di Giacomo Leopardi). A proposito di quest’ultima Calamandrei ricorda il suo primo incontro con Ferretti, quando parlando col funzionario ad un certo punto gli chiese se fosse parente del biografo di Leopardi: e Ferretti rispose sorridendo, «come per scusarsene» – scrive Calamandrei – «perché forse gli pareva che il tempo dedicato a scrivere di letteratura fosse stato rubato alla sua battaglia per la Scuola».10

La copertina del volume postumo che raccoglie vari scritti (in parte inediti) di Ferretti.

Il periodo romano e l’impegno sul fronte dei rapporti italo-svizzeri (1941-1952)

Quando nel 1939, come egli stesso ricorda, dovette lasciare Losanna (per motivi che non ci è dato sapere), Ferretti rientrò in Italia con la persuasione che «la buona causa dei rapporti culturali e della reciproca conoscenza e comprensione tra l’Italia e la Svizzera potesse essere servita anche da Roma».11 Sapeva infatti che il senatore Arrigo Solmi vi dirigeva dal 1926 una rivista che «avrebbe potuto diventar utile a questa causa», ovvero l'”Archivio storico della Svizzera Italiana“. A patto però di cambiare contenuti, indirizzo e titolo della rivista, “sfascistizzandola” per così dire ed eliminando qualsiasi velleità irredentista. Trovata l’intesa con Solmi, Ferretti divenne condirettore della rivista inaugurando, pur dovendone mantenere il titolo per volontà “dei superiori”, una nuova linea editoriale esclusivamente interessata ad illustrare i rapporti storici e culturali tra la Svizzera e l’Italia tramite ricerche e studi specifici. Fu così che nacque l’idea di dare una “casa” a chi in Roma a questi studi si dedicava e il 21 aprile del 1941 fu ufficialmente inaugurato il “Centro Studi per la Svizzera italiana” presso la Reale Accademia d’Italia.

Nominato direttore del “Centro” (Solmi ne era il Presidente), Ferretti poté qui mettere a frutto sia un nuovo filone di ricerca storica maturato durante il periodo losannese e relativo ai rapporti italo-svizzeri nel Risorgimento,12 sia la sua capacità organizzativa di mediatore culturale. Fondò due collane, allestì una biblioteca, allargò alla Svizzera il cerchio dei collaboratori dell'”Archivio”, organizzò conferenze e convegni, promosse soggiorni di studio e scambi di libri tra l’Italia e la Svizzera. Tutto ciò negli appena due anni di vita del “Centro” finché, dietro richiesta ministeriale del 17 dicembre 1943 (), Giovanni Gentile, nuovo Presidente dell’Accademia, non reclamò «gli atti del “Centro” per dargli – ma gli mancò il tempo – nuova direzione e nuovo indirizzo», dato che il ministero aveva deplorato come esso non avesse mai fatto nulla per alimentare l’irredentismo ticinese tradendo in tal modo il proprio scopo. Recriminazioni ufficiali che Ferretti lesse come «un omaggio involontario all’azione modesta, ma rettilinea, che il “Centro” aveva cercato di svolgere».13

Dopo la caduta del fascismo nel 1945 Ferretti fu nominato dal ministro Arangio Ruiz direttore generale dell’istruzione elementare. Ma al Ruiz succedette il ministro Gonella, il quale instaurò un regime di acquiescenza e favoritismi a cui Ferretti si ribellò. Fu così trasferito alla Direzione generale «per gli scambi culturali e le zone di confine» creata ad hoc, salvo poi essere messo nell’impossibilità di lavorare.14 A questo stesso periodo risale la fondazione dell'”Associazione italo-svizzera di cultura” (22 febbraio 1945), di cui Ferretti, nelle vesti di Vicepresidente, fu il principale promotore ed animatore. Finalmente nel 1948, dopo aver polemicamente fatto notare al Gonella il proprio disagio morale nel tenere in vita una Direzione generale di fatto costretta all’inefficienza, Gonella, senza sopprimere l’organo, estromise Ferretti dall’amministrazione della Pubblica istruzione nominandolo consigliere della Corte dei conti.

Messo nell’impossibilità di agire per la Scuola, Ferretti dedicò gli ultimi anni della propria vita all’edizione dell’epistolario del De Sanctis.15 Morì a Roma il 27 dicembre del 1952.


Bibliografia di riferimento

  • Stefano Bragato e Alessandro Bosco, Prove di collaborazione transculturale: il “Centro Studi per la Svizzera italiana” presso la Reale Accademia d’Italia (1941-1943), in “Otto/Novecento”, 2-3, 2019, pp. 5-22.
  • Piero Calamndrei, Prefazione, in Giovanni Ferretti, Scuola e democrazia, Torino, Einaudi, 1956, pp. ix-xx.
  • Pierre Codiroli, L’«Archivio storico della Svizzera italiana», in Id., L’ombra del duce, Milano, Franco Angeli, 1990, pp. 205-273.
  • Stefania De Nardis, La Società Dante Alighieri da Costantinopoli a Istanbul. 1895-1922: diffusione della lingua e pedagogia nazionale, in «Diacronie. Studi di storia contemporanea», n. 20, 4/2014.
  • Andrea Dessardo, Le ultime trincee. Politica e vita scolastica a Trento e Trieste (1918-1923), Brescia, La Scuola, 2016.
  • Giovanni Ferretti, I servizi dello Stato per gli scambi culturali con l’estero, in «Il Ponte», febbraio 1949 e ora in Id., Scuola e democrazia, cit., pp. 157-173.
  • Id., L’Associazione italo-svizzera di cultura, in “Svizzera italiana”, a. VI, n. 11/12, novembre-dicembre 1946, pp. 464-69.
  • Giulio Salvadori, Lettere, a cura di Nello Vian, vol. II (1907-1928).
  • Alberto M. Ghisalberti, Prefazione a G. Ferretti, Cavour e le annessioni nelle lettere di Abraham Tourte, Roma, Libreria dello Stato, 1953, pp. III-V.

  1. Durante questo periodo Ferretti fu attivo anche presso la locale sezione della Società Dante Alighieri, di cui fondò un sottocomitato studentesco come testimonia un suo opuscoletto intitolato Parole dette costituendosi il sottocomitato studentesco della Dante Alighieri: sotto gli auspici della società operaia italiana in Costantinopoli, XI novembre MCMXIII (Pera, 1914). Si veda in proposito lo studio di Stefania De Nardis, La Società Dante Alighieri da Costantinopoli a Istanbul. 1895-1922: diffusione della lingua e pedagogia nazionale, in «Diacronie. Studi di storia contemporanea», n. 20, 4/2014
  2. Pubblicato in “Rivista Pedagogica”, a. VIII, fasc. 9, settembre 1915, pp. 667-716
  3. Cfr. Piero Calamandrei, Prefazione a Giovanni Ferretti, Scuola e democrazia, Torino, Einaudi, 1956, pp. ix-xx, a p. xii
  4. Sulla complessità del contesto nel quale si inseriva quest’attività di Ferretti si vedano in particolare gli studi di Andrea Dessardo, tra cui almeno Le ultime trincee. Politica e vita scolastica a Trento e Trieste (1918-1923), Brescia, La Scuola, 2016
  5. Sulla sua esperienza aquilana Ferretti si soffermò in Un biennio di amministrazione scolastica in Abruzzo, in “La scuola d’Abruzzo”, a. 3., lug.-ago. 1925. n. 7-8
  6. Cfr. Calamandrei, Prefazione, cit., p. xiv
  7. e non fino al 1942, come erroneamente riporta il Calamandrei. È vero, tuttavia, che nel ’42 Ferretti si recò a Losanna per una breve serie di lezioni
  8. Non è dato sapere quali fossero i motivi che spinsero Ferretti ad accettare tale ruolo e se ci fosse un legame con la sua precedente attività presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze dove egli aveva lavorato e da dove il dono proveniva
  9. Cfr. rispettivamente Giovanni Ferretti, I servizi dello Stato per gli scambi culturali con l’estero, in «Il Ponte», febbraio 1949 e ora in Id., Scuola e democrazia, cit., pp. 157-173, cit. alle pp. 157-8, e Id., Le scuole e la cultura italiana oltre i confini d’Italia, in «Nuova Antologia», marzo 1945 e ora in Id., Scuola e democrazia, cit., pp. 142-156
  10. Calamandrei, Prefazione, cit., p. xix
  11. Cfr. Ferretti, L’Associazione italo-svizzera di cultura, in “Svizzera italiana”, a. VI, n. 11/12, novembre-dicembre 1946, pp. 464-69, a p. 467.
  12. Tra i numerosi studi di Ferretti in questo senso ricordiamo almeno La cultura italiana nel Cantone di Vaud, in “Romana”, III, 1939, pp. 417-29; Le gouvernement du canton de Vaud et les réfugiés en 1834, in “Revue historique vaudoise”, luglio-agosto 1939; Stanislao Bonamici a Losanna secondo nuovi documenti, “Bollettino storico livornese”, a. 3, n. 3, 1939; Le peripezie di Serafino Carocci in Isvizzera, in “Rassegna storica del Risorgimento”, a. 27, fasc. 4, aprile 1940; Il prestito mazziniano in Svizzera e l’espulsione di G. B. Varé, in “Archivio Storico della Svizzera Italiana”, XVI, n. 4, dicembre 1941; Italia e Svizzera nel 1848, Firenze, Le Monnier, 1946; Ginevra e la cultura italiana, in “Quaderni italo-svizzeri”, 6 (numero speciale), 1946; Esuli del Risorgimento in Svizzera, Bologna, Zanichelli, 1948; Filippo De Boni e i suoi soggiorni nella Svizzera, in «Rassegna Storica del Risorgimento», a. 37., fasc. 1.-4., genn.-dic. 1950, pp. 137-39
  13. Cfr. Ferretti, L’Associazione italo-svizzera di cultura, cit., p. 469.
  14. Ferretti, evocando anche le proprie vicende personali, ha tematizzato in vari suoi scritti l’operato del Ministero Gonella, per cui si vedano in particolare: G. Ferretti, I servizi dello Stato per gli scambi culturali con l’estero, cit., in part. pp. 161-64; Id., Guerra all’intelligenza, in Id., Scuola e democrazia, cit., pp. 17-24; Id., Il bilancio del Ministero Gonella, ivi, pp. 34-45
  15. Cfr. Francesco De Sanctis, Epistolario 1836-1858, a cura di Giovanni Ferretti e Muzio Mazzocchi Alemanni, Torino, Einaudi, 1956, 2 tt.

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