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     Dialogo di Ruysch

  Dialogo
 
     Testo
     Riassunto
     Personaggi
     Coro
     Temi
     Fonti
     Modelli Strutturali
       - Lucianeo
          - Fonti Lucianee
          - Ridicolo Antico
          - Drammatizzazione
          - Concatenazione
          - Parlare per Esempi
       - Platonico
       - Conclusione
Ridicolo Antico

Nella riflessione di Zibaldone 41, Leopardi afferma che il ridicolo degli antichi comici greci e latini (anche di Luciano quindi) «era veramente sostanzioso, esprimeva sempre e mettea sotto gli occhi per dir così un corpo di ridicolo, [...] empieva di riso, [...] consisteva in immagini, similitudini paragoni, racconti insomma cose ridicole» di cui greci e latini «erano inventori acerrimi e solertissimi». Il linguaggio utilizzato nell'Operetta di Ruysch è accentuatamente comico sin dall'esordio:

         Diamine! Chi ha insegnato la musica a questi morti, che cantano
         di mezza notte come galli? In verità che io sudo freddo, e per poco
         non son più morto di loro. (§1)

L'incipit del dialogo mostra una scena grottesca e angosciante, ai limiti dell'horror: morti che ritornano dall'oltretomba per tormentare gli esseri viventi. Tuttavia il linguaggio utilizzato da Leopardi, la similitudine così inusuale ma allo stesso tempo così semplice e concreta tra il canto dei morti e quello di un gallo, nonché il paragone che Ruysch fa tra se stesso (spaventato a morte) e i morti canterini del suo studio, allevia la tensione fino a farci addirittura sorridere. Sono queste le «sostanziose» immagini, i paragoni e le similitudini che possono essere ricondotti allo stile di Luciano e di altri comici antichi.

Altre espressioni comiche, cioè con una coloritura linguistica comica che ricorda lo stile lucianeo, sono presenti in notevole quantità in tutta la prima battuta di Ruysch: «con tutta la filosofia, tremo da capo a piedi» (§1), «Mal abbia quel diavolo che mi tentò di mettermi questa gente in casa» (§1), «Figliuoli, a che giuoco giochiamo? non vi ricordate di essere morti?» (§2), «che è cotesto baccano? forse vi siete insuperbiti per la visita dello Czar?» (§2), «Io m'immagino che abbiate avuto intenzione di far da burla, e non da vero» (§2), «Se siete risuscitati, me ne rallegro con voi; ma non ho tanto, che io possa far le spese ai vivi, come ai morti; e però levatevi di casa mia» (§2), «ch'io piglio la stanga dell'uscio, e vi ammazzo tutti» (§2).

Via via che si procede verso le quaestiones sulla morte, i vari modi di dire e le espressioni comiche lucianee si attenuano temporaneamente come per sottolineare la gravità del discorso. Tuttavia sporadiche espressioni quali «non credo mi abbiate a rompere il sonno un'altra volta» (§8), «sarebbe un gran sollazzo» (§10), oppure «tornando sul sodo» (§19) ricordano di tanto in tanto il tono canzonatorio che regna sullo sfondo dell'Operetta.

La comicità della lingua leopardiana, anche se come abbiamo visto non viene mai totalmente abbandonata, esplode in tutto il suo grottesco splendore alla fine dell'Operetta, quando alla domanda cruciale posta da Ruysch alle mummie, l'imbalsamatore non ottiene risposta:

         Non rispondono. Figliuoli non m'intendete? Sarà passato il quarto
         d'ora. Tastiamogli un poco. Sono rimorti ben bene: non è pericolo
         che mi abbiano da far paura un'altra volta: torniamocene a letto. (§33)