Serao, Matilde

Pseudonimo: Sigma
Data di nascita: 1856
Luogo di nascita: Patrasso
Data di morte: 1927
Luogo di morte: Napoli
Nazionalità: italiana
Attività: giornalista, scrittrice

Dopo aver conseguito gli studi da maestra e durante l’impiego presso i Telegrafi dello stato, pubblica novelle e bozzetti sui giornali campani, per entrare poi nella redazione del «Corriere del mattino». Nel 1882 si trasferisce a Roma e collabora al «Capitan Fracassa», al «Fanfulla della Domenica», alla «Nuova Antologia» e alla «Cronaca bizantina». Con il marito Edoardo Scarfoglio, sposato nel 1884, fonda il «Il Mattino», e, nel 1904, «Il Giorno». Oltre all’attività giornalistica, Serao è anche prolifica narratrice.

«La Chiosa» segnala fin dal numero dell’11 dicembre 1919 la collaborazione della «più illustre fra le scrittrici viventi». I numerosi articoli licenziati dalla giornalista campana per il settimanale vertono soprattutto sulla femminilità: di pregio è la serie Meditazioni sulla vecchia zitella ((19-26 febbraio, 4 marzo 1920)), in cui Serao affronta la figura della donna nubile e ne offre una riabilitazione. La giornalista si sofferma in diverse occasioni su fenomeni di costume, come la moda femminile ((Il piede della donna, anno V, n. 20, 17 maggio 1923; All’antica? Alla moderna?, anno VII, n. 21, 21 maggio 1925)), l’invecchiamento ((L’altra gioventù, anno V, n. 42, 18 ottobre 1923)) e la superstizione ((La venditrice di illusioni, anno VI, n. 14, 3 aprile 1924)). Tra gli interventi sulla letteratura, da segnalare è quello dedicato alla scrittrice norvegese Sigrid Undset ((anno VII, n. 47, 19 novembre 1925)), il cui nome «è rivelato a tutto il mondo civile, poiché il premio Nobel per la letteratura dell’anno 1925, le è stato assegnato con rigoroso criterio d’arte e con perfetta giustizia dei suoi giudici» ((Sigma, Sigrid Unset [sic.], anno VII, n. 47, 19 novembre 1925)). Diversi anche gli interventi in merito alla cultura: l’articolo “Ceci tuera cela” ((anno V, n. 39, 27 settembre 1923)) tratta della involuzione della lettura di libri. Secondo Serao, al boom di lettori e lettrici nel biennio 1919-1921 ((«la gente si affollava nelle librerie, e comprava, e portava via cinque o sei volumi, e non era mai stanca di leggere e non era mai sazia di leggere, e quasi quasi, si esauriva più presto la nostra voglia di scrivere, che la immensa voglia di leggere nel pubblico, in tutto il pubblico», ivi.)) era seguita una crisi della lettura nella primavera del 1921 a causa dell’elevato prezzo dei libri e del progressivo arricchimento di contenuti dei giornali: «E da allora, con una discesa infrenabile, la vendita dei volumi di romanzi, di novelle, di racconti, anche di autori famosi, anche di autrici celebri, è venuta scemando» ((ivi)). Interessante è l’articolo del 17 dicembre del 1925, Parole, parole, parole…, sulla campagna fascista contro le parole straniere: «Per tutte le ragioni, molto grandi o molto piccole, la guerra che non è mai finita, che non vuol finire, ricomincia: ci si disputa su tutto e per tutto, anche sulle parole». L’uso di esterismi è invece una pratica difesa dalla giornalista, perché testimonia «la tradizione di un paese che si afferma, […] la espressione tutta particolare di una Nazione, che giustamente si manifesta nelle parole precise, che sono quelle e non possono essere altre, che sono quelle in quella tale lingua, e non hanno nessun vero e sicuro equivalente in un’altra lingua». ((Matilde Serao, Parole, parole, parole…, anno VII, n. 51, 17 dicembre del 1925.)) La collaborazione di Serao a «La Chiosa» terminerà con questo articolo.

La pluriennale collaborazione, così come la promozione del settimanale attraverso i propri canali sarà però ricordata da Serao nella lettera del 10 maggio 1926 inviata al nuovo direttore della testata, Adriano Grande. Qui la giornalista si lamenta della recensione di Mors tua, romanzo di denuncia delle conseguenze della guerra, comparsa sul numero del 6 maggio 1926 a firma di Orazia Belsito Prini. Questo particolare romanzo verrà molto discusso su «La Chiosa» e generalmente recensito in modo negativo, a segnalare l’avvenuta fascistizzazione della testata.

Fonti: Enciclopedia Treccani