Dialogo
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Coro
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Lingua e stile
Il coro dei morti è composto da settenari ed endecasillabi. Il materiale linguistico del coro dei morti è semplice e secco come sostiene anche Guglielmo Gorni nel saggio Il «coro di morti» di Leopardi (480). Nel coro c’è una prevalenza di settenari (21) sugli endecasillabi (11). Inoltre Leopardi usa parole di misura sillabica ridotta, spesso parole bisillabe. L’unica presenza in tutto il coro di parole quadrisillabe è data dai termini «paurosa» (v. 14) e «ricordanza» (v. 17). La prevalenza di settenari e il frequente uso di parole bisillabe o di parole di misura sillabica ridotta, rende al coro la semplicità e monotonia che è stata accennata prima. Gorni nota che:
[un’a]ltra caratteristica ritmica del Coro è l’associazione, pressoché costante, di aggettivo trisillabo e di sostantivo bisillabo, con effetto di studiata monotonia e di pronuncia solenne: «creata cosa» [v.2], «antico dolor» [v.6], «Profonda notte» [v.6], «Confusa mente» [v.7], «arido spirto» [v.9], «sudato sogno» [v.15], «ignota morte»[v.26] (481).
Questa caratteristica rende la canzone completamente organizzata e controllata, così come lo è l’apparire dei morti; essi hanno il permesso e l’opportunità di apparire solamente nell’anno grande e matematico, e solo di parlare per un quarto d’ora dopo il termine della loro canzone (LEOPARDI 304).
Leggendo i 32 versi del coro dei morti l’attenzione del lettore cade automaticamente sul doppio settenario a rima baciata «Nostra ignuda natura / Lieta no, ma sicura» (vv. 4-5), che viene ripetuto nel quart’ultimo e terz’ultimo verso del coro. Cesare Galimberti nota che,
[s]ono essi i morti – senza distinzione di anima e di corpo – che in capo all’anno grande e matematico, si svegliano e cantano, e in questo canto vedono la profonda notte della loro ‘ignuda natura’, ossia del loro essere, avvolto così lungamente nel letargo, che li spogliò d’ogni speranza e d’ogni desiderio, e quindi d’ogni affanno e timore, e fin d’ogni noia, poiché senza coscienza l’età vote e lente si consumano senza tedio, come accade nel sonno profondo, in cui non c’è più misura del tempo (299).
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