La gita a Chiasso

Trent'anni di sconfinamenti culturali tra Svizzera e Italia (1935-1965)

Centro Studi per la Svizzera italiana presso la Reale Accademia d’Italia (1941-1943)


Il Centro Studi per la Svizzera italiana era un ente scientifico interno alla Reale Accademia d’Italia attivo a Roma dall’aprile 1941 al dicembre 1943. Il suo scopo era promuovere gli scambi culturali e la reciproca conoscenza tra Italia e Svizzera attraverso studi, conferenze, pubblicazioni. Fondatori del Centro furono il Presidente Arrigo Solmi, storico e giurista, Ministro di Grazia e Giustizia dal 1935 al 1939 e poi senatore, e il Direttore Giovanni Ferretti,  già docente di letteratura italiana all’Università di Losanna ed esperto di diffusione di cultura italiana all’estero, scambi culturali internazionali e pedagogia. Solmi e Ferretti operavano già da tempo nella promozione della cultura svizzera in Italia, il primo attraverso la direzione della rivista “Archivio storico della Svizzera italiana” (attiva dal 1926, nel 1941 divenne l’organo ufficiale del Centro), il secondo attraverso alcune pubblicazioni in rivista (cfr. ad esempio Europa in miniatura e La lingua italiana in Svizzera) e in volume.

Istituzione e attività

Il Centro, istituito ufficialmente il 21 aprile 1941, contava nel Consiglio Direttivo sette soci italiani (Giulio Bertoni, Enrico Besta, Giuseppe Cardinali, Attilio De Ciccio, Arturo Farinelli, Pietro Fedele, Armando Ottaviano Koch, Gioacchino Volpe) e due soci svizzeri (Francesco Chiesa, Eligio Pometta). La sua attività consisteva soprattutto nella pubblicazione di studi storici (cfr. le collane “Quaderni italo-svizzeri” e “Studi e documenti” (1944-1948)), cronache, notizie di argomento svizzero e italo-svizzero, nell’organizzazione di conferenze di accademici svizzeri e italiani, e nella promozione di iniziative destinate a facilitare gli scambi culturali tra i due Paesi (tra cui un innovativo ma mai realizzato prestito interarchivistico di documenti tra biblioteche svizzere e italiane, promosso da Ferretti e dal Direttore dell’Archivio Federale di Berna Léon Kern). Solmi e Ferretti potevano contare su una rete di corrispondenti e collaboratori in Italia e in Svizzera, i quali oltre a contribuire ad “Archivio storico per la Svizzera italiana” fornivano costanti aggiornamenti sulle tematiche d’interesse del Centro.

Ricezione

L’istituzione del Centro ebbe diversa ricezione in diverse parti della Svizzera. Nella Svizzera italiana fu generalmente ben accolto (vi collaborarono diversi enti e intellettuali, tra cui la Biblioteca Cantonale di Lugano e Francesco Chiesa), benché non mancarono enti e personalità (come Giovan Battista Angioletti, Luigi Caglio, o la libreria Salvioni di Bellinzona) che decisero di tenersene lontani. Il Centro era invece giudicato con molto sospetto dagli ambienti intellettuali italofoni zurighesi (Giuseppe Zoppi, Fritz Ernst, Jean Rudolf Von Salis, nonché la libreria Zum Elsässer di Giovanni Rodio diretta da Martha Widmer-Amrein), i quali vi vedevano un organo di propaganda politica fascista all’estero, possibilmente finalizzato a mire espansionistiche dell’Italia sulla Svizzera italiana.

La linea culturale del Centro studi

L’Accademia d’Italia finanziò senza dubbio il Centro anche con questi scopi: esso si aggiungeva infatti a una serie di enti analoghi che curavano e propagandavano gli interessi del regime in zone di lingua italiana, come il Centro Studi per la Dalmazia, il Centro Studi per il Vicino Oriente, il Centro Studi per l’Albania, il Centro Studi per l’Africa Orientale. I giornali fascisti più radicali ne salutarono la fondazione sottolineando proprio tale missione; e anche alcuni intellettuali, benché un’esigua minoranza, mostrarono di condividere tale idea (significativa in proposito, ad esempio, la lettera del 21 luglio 1942 in cui il linguista Clemente Merlo, chiamato a sostituire il defunto Giulio Bertoni come Consigliere del Centro, accenna alla speranza di portare i confini italiani fino al Gottardo).

Solmi e Ferretti furono in realtà sempre ben attenti a tenersi lontano da qualsiasi direzione politica propagandistica o irredentista e mantennero una linea puramente accademica, di studio storico e culturale. Le loro attività mostrano come gli interessi del Centro fossero effettivamente di natura scientifica, esclusivamente dedicate alla promozione degli scambi culturali italo-elvetici senza alcun secondo fine, come d’altronde i due non si stancarono mai di ripetere. Proprio tale esclusività accademica fu tuttavia il principale motivo per cui il 17 dicembre 1943 il Ministero degli Affari Esteri decretò la soppressione del Centro.

L’eredità del Centro Studi per la Svizzera italiana sarà ripresa dal gennaio 1945 dalla neocostituita Associazione italo-svizzera, che ne proseguirà l’attività e la missione, e che pubblicò i volumi della collana “Studi e documenti” allestiti negli anni precedenti dal Centro ma mai pubblicati.


Per ulteriori e più approfondite informazioni sul Centro Studi per la Svizzera italiana si rimanda al corrispondente saggio contenuto nel volume Bosco, Bragato, Brunner, Castagnola, Crivelli, La gita a Chiasso. Trent’anni di sconfinamenti culturali fra Svizzera e Italia (1935-1965); e all’articolo Bragato-Bosco, Prove di collaborazione transculturale: il “Centro Studi per la Svizzera italiana” presso la Reale Accademia d’Italia (1941-1943), in “Otto/Novecento”, 2-3, 2019, pp. 5-22.


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