Mallarmé, Camille

Data di nascita: 1886
Luogo di nascita: Algeria
Data di morte: 1960
Luogo di morte: Firenze
Nazionalità: francese
Attività: scrittrice, giornalista, critica d'arte

Nipote del poeta Stéphane Mallarmé e moglie di Paolo Orano. Collabora a «La Chiosa» dal luglio del 1926, sotto la direzione di Elsa Goss, occupandosi di letteratura francese. Nell’introduzione all’articolo Coup d’oeil sur la littérature française, il primo firmato da Mallarmé, Goss introduce la nuova collaboratrice ricordando la sua attività di romanziera, ((«Tutti ricordano i deliziosi romanzi Le Ressac, La Casa seca, L’amour sans visage, analizzanti attraverso ad una vera e propria “miniatura” psicologica tutte le sfumature dell’amor femminile», Coup d’oeil sur la littérature française, anno VIII, n. 27, 29 luglio 1926.)) di mediatrice culturale e di sostenitrice politica, ((«[…] la valorosa giornalista che continua a segnalare su giornali e riviste francesi le cose e gli uomini nostri più importanti, che difese in una serie di coraggiose lettere dal titolo Italia cara! al Mercure de France i nostri diritti durante il congresso di Versailles e che acquistò tali e tante benemerenze colla sua strenua difesa, letteraria e politica, di una ideale alleanza franco-italiana […]», ivi)) e, infine, la ‘consacrazione’ di Gabriele d’Annunzio che «la salut[ò] coll’appellativo di «Italiana di Francia» ((ivi)).

Mallarmé si occuperà nello specifico della letteratura francese di la guerra, criticando il «falso talento» e «il cuore cloaca» ((Camille Mallarmé, In memoriam, anno VIII, n. 29, 12 agosto 1926.)) di Henri Barbusse e recensendo negativamente Le Feu, «un’interminabile arringa in favore dell’umanità che non contiene una vibrazione umana» ((ivi)), a cui si contrappone, come esempio di scrittura che «eleva i francesi» ((ivi)) Les Croix de bois di Roland Dorgelès. L’articolo prosegue recensendo e citando gli scritti di tre caduti: Roger Cahen, Paul Lintier, Émile Clermont. Alle donne scrittrici Mallarmé dedica l’articolo Letteratura femminile in Francia. La panoramica prende le mosse dalla Parigi dell’anteguerra: «miriadi di giovinette e di donne prendevano il loro posto [nell’arena letteraria]; e gli editori pubblicavano pubblicavano (la carta costava tanto poco!) e il pubblico comprava, sedotto da quella letteratura a base di autobiografismo spesso scandalosa, ma più sincera, più libera, più umana della sapiente letteratura maschile» ((Camille Mallarmé, Letteratura femminile in Francia, anno VIII, n. 51, 9 dicembre 1926.)). Le grandi autrici ricordate, quelle in grado di competere con bestselling come Pierre Loti o Bazin sono, oltre che Mallarmé stessa: Anna-Élisabeth de Noailles, Colette, Marie Leneru, Marguerite Audoux, Marcelle Tinayre, Lucie Delarue-Mardrus, Gérard d’Houville e Myriam Harry. La linea comune alle autrici e ai loro testi, secondo la giornalista, risiede nel bisogno delle donne di «farsi capire, stimando, a torto o a ragione, che gli uomini che le circondano, anche benevoli, ignorino o non considerino ciò che ad esse sembra ben più importante dei fatti positivi: la loro vita interiore» ((ivi, enfasi nell’originale.)). Di qui, anche il limite fondamentale della scrittura femminile, che è l’incapacità di gettare uno sguardo obiettivo e imparziale sulla realtà: Grazia Deledda e Selma Lagerlöf, prosegue Mallarmé, sono solo delle felici eccezioni. La fortuna della produzione letteraria femminile, ad ogni modo, subisce una brusca battuta d’arresto allo scoppio della guerra, che provoca un cambiamento nell’immaginario collettivo: «Una nuova mentalità è uscita dal caos della guerra e del dopo-guerra: una mentalità insieme bizantina, mistica, esotica. Le donne, in generale, sono refrattarie a queste tre correnti: nella vita, e soprattutto nella letteratura. D’altronde le loro confidenze, cioè press’a poco l’unica produzione che esse possono fornire, non interessano più nessuno». ((ivi.))

Fonte: Diego Salvadori, Camille Mallarmé. La scrittura senza volto, Firenze, Florence art edizioni, 2019.