Morpurgo, Fortunata

Pseudonimo: Willy Dias
Data di nascita: 1872
Luogo di nascita: Trieste
Data di morte: 1956
Luogo di morte: Trieste
Nazionalità: italiana
Attività: giornalista, scrittrice, traduttrice

Si trasferisce a Genova da giovane per dedicarsi al giornalismo ed è nota con lo pseudonimo Willy Dias. Redattrice del «Caffaro», da cui verrà allontanata nel 1929 perché non iscritta al Partito Nazionale Fascista, è prolifica narratrice. Nella sua autobiografia, Viaggio nel tempo , dedica diverse pagine a «La Chiosa»: ricorda, ad esempio, che la rivista «nasceva da un’idea che avevamo [con Flavia Steno] ventilato da tempo, quella di fondare un giornale tutto femminile» ((Viaggio nel tempo, Bologna, Cappelli, 1958, p. 177.)). «Qualche volta» aggiunge «baravamo al gioco. Articoli firmati con sedicenti nomi femminili, erano scritti da colleghi che s’interessavano a quella nostra creatura. Avrebbe potuto avere lunga vita se non ci fosse stato il triste ventennio» ((ivi)). Dias è una delle prime collaboratrici del settimanale, sul quale la sua firma sarà fissa fino al 1925, e comparirà anche nel biennio 1926-1927. La quantità di articoli pubblicati da Dias è ingente e lei stessa, sempre nell’autobiografia, così ricorderà la spartizione del lavoro di redazione: «Chiedemmo la collaborazione delle più note scrittrici. Matilde Serao, Ada Negri, Annie Vivanti e aprimmo le pagine a tutte le giovani, che avevano qualcosa di intelligente da dire. Settimanalmente la Steno scriveva l’articolo di fondo ed io uno di terza pagina nel quale commentavo, con quanto umorismo mi era possibile, i fatti del giorno» ((ivi)).

Tra i filoni più frequentati, da segnalare sono gli articoli sulla letteratura delle e per le donne, con attenzione al panorama italiano e straniero, soprattutto francese. Ancora più ricca è però la produzione di articoli sull’attualità, con particolare interesse per l’iter a livello internazionale di alcune leggi, come la ricerca di paternità ((cfr. ad esempio La ricerca di paternità, anno IV, n. 17, 27 aprile 1922.)), ma molti sono anche i pezzi dedicati ai processi celebri (tra cui alla vicenda di Henri Landru). Infine, numerosissimi sono gli articoli di costume. Dias ritrae con dovizia di particolari i diversi modi in cui i rivolgimenti sociali della fase postbellica influenzarono i comportamenti delle donne e, soprattutto, il loro approccio ai momenti topici dell’esistenza femminile: «[La donna degli anni Venti] vede gli uomini in una colleganza che le rivela molti lati di caratteri diversi e impara a giudicare al di là del nodo d’una cravatta o d’un vestito più o meno ben tagliato. Le gare, le invidie, le ambizioni – le danno un senso realistico della lotta che è la vita e questa lotta è pronta ad accettarla, però tanto più caro le riuscirà il porto sicuro. Non vive soltanto per trovare un marito, non è una merce che si espone e che aspetta l’amore – sa di poter bastare a sé stessa, di essere un valore positivo, perciò il matrimonio le appare spesso come una bellissima cosa, ma non come una cosa indispensabile» ((Donne nuove o circostanze nuove?, anno II, n. 7, 12 febbraio 1920.)). L’immagine finale, però, è tutt’altro che catastrofica, nella misura in cui i cambiamenti prospettati implicano una riformulazione del ruolo domestico femminile, ma non una sua sconfessione: «Tutti questi fattori la mutano insensibilmente, senza che ella lo voglia e se ne accorga, ma sono mutamenti di circostanza – rimettetela nel suo antico dominio di donnina di casa, di mammina, e queste circostanze non avranno servito che a farle adempiere con maggior gioia e maggiore dignità i suoi doveri» ((ivi)).

Fonte: World biographical Index