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Romanisches Seminar Prof. Dr. Tatiana Crivelli

Supervisione di ricerche postdottorali

Sibilla Destefani
II canone occidentale di fronte alla Shoah. Le fonti letterarie di Primo Levi.
Obiettivo del progetto di ricerca è in primo luogo quello di fornire uno studio organico e approfondito dei luoghi dell’intertestualità dell’opera di Primo Levi, e ciò tenendo conto tanto dei suoi testi più noti (Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati) che del resto della sua produzione letteraria. All’interno dell’opera leviana, l’intertestualità gioca infatti un ruolo di primo piano nella «rappresentazione dell’estremo» che è propria alla letteratura della Shoah, giacché permette all’autore di superare «l’indicibilità di Auschwitz». Da Dante a Dostoevskij fino a Leopardi, Manzoni e il Coleridge posto in epigrafe ai Sommersi e i salvati, senza dimenticare l’Odissea e l’Antico Testamento, l’opera di Levi si caratterizza per un altissimo grado di letterarietà che, ancora, non è stato indagato nel suo insieme. Se colmare tale vuoto critico è il primo obiettivo di questo lavoro, esso si prefigge inoltre, e in secondo luogo, di fornire un’interpretazione del ruolo e della funzione dell’intertestualità all’interno dell’opera leviana. Si tratta di un problema complesso, giacché il ricorso ai classici del canone occidentale all’interno della testimonianza del genocidio implica, non senza conseguenze, di abbinare i più raffinati prodotti della cultura occidentale al brutale assassinio di sei milioni di esseri umani avvenuto nel cuore del continente europeo. Ciò pone interrogativi scomodi e carichi d’implicazioni che, portati all’estremo, inducono a mettere in dubbio molte certezze dell’Europa moderna.
Contatto: sibilla.destefani@gmail.com

Michal Czorycki (Swiss Government Excellence Postdoctoral Scholarships for foreign researchers, 2014)
Italy and Eastern Europe: Literature and Ideology in the Twentieth Century.
My current research project examines the representation of Eastern Europe in Italian literature from 1945 to the present. I look at my topic from a comparative perspective, situating Italian literary images of the region within the wider context of Europe's symbolic geographies and the West/East division. My main research questions are: what does the literary representation of Central/Eastern Europe tell us about the links between literary works, politics, ideology and wider cultural discourses? Why does the European East – rarely observed without a cultural or political bias – function as a sort of distorting mirror reflecting Italian (and Western) visitors’ ideological convictions and cultural preconceptions? What was the impact of the political developments in the East (the events of 1956, 1968, 1989) on Italy’s cultural debates? And finally, more generally, what was the role of Twentieth-century literature in creating what Tony Judt describes as a ‘state of semi-communication’ existing between Europe’s West and East? A discourse – or a cultural myth – purporting the existence of a radical boundary dividing the continent along the West/East axis and a set of relevant literary topoi and rhetorical figures have been at the centre of my research so far. In my doctoral thesis, I referred to the critical theories on Europe’s internal colonialisms in order to examine the manner in which the discourse remerges in travel accounts written in the 1980s and 1990s and thus, in the period when, paradoxically, political divisions cease to be the visitors’ primary concern. For a number of geographical, historical and political reasons, Twentieth-century Italy is an excellent vantage point from which to observe the shifting image of the European East in the West. The very number and variety of Italian texts dedicated to the region seems revealing. In fact, in addition to the accounts of ‘political pilgrims’ (Paul Hollander) to the USSR (written in the 1950s by such authors as Italo Calvino and Carlo Levi, among many others), there are also more recent works enriching our knowledge of the area. For instance, A. M. Ripellino in Praga magica (Magic Prague, 1973) and Claudio Magris in Danubio (Danube, 1986) attempt to undermine the myth of the East’s cultural ‘difference’ (i.e. its ‘inferiority’) and cultural conventions associated with it, proposing a remapping of Europe’s cultural and symbolic topographies. Moreover, the authors (interestingly, both coming from Italy’s ‘margins’ – Palermo and Trieste, respectively) adopt in their texts a number of themes characteristic of Central/East European literatures, for instance, the use of irony and ‘oblique’ perspectives on master narratives of (Western) history. A number of Italian authors, among them Paolo Rumiz, have since 1989 continued to travel to and write about Eastern Europe; in many of their texts old cultural discourses reemerge under a new guise.
Contatto: michal.czorycki@gmail.com

Stefano Bragato (Profilo di ricerca Post-doc)
Stefano Bragato lavora all’interno del progetto “La gita a Chiasso: trent’anni di sconfinamenti culturali tra Svizzera e Italia (1935-1965)”, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica (www.research-projects.uzh.ch/p22466.htm). Il progetto esamina i rapporti culturali tra Svizzera e Italia nei decenni tra il regime fascista e il boom economico, soffermandosi sulla definizione di temi e termini chiave nello sviluppo dei rapporti tra i due Paesi quali identità, confini, migrazione, transnazionalità e transculturalità, tramite lo studio comparato dell’attività di enti e personalità svizzeri e italiani dell’epoca. Il progetto integra l’esame di materiale archivistico, custodito in sedi sia svizzere sia italiane, e la formulazione di percorsi e interpretazioni, in base a un approccio storico-culturale.
Bragato indaga in particolare temi connessi alla politica culturale tra i due Paesi, tra cui le varie declinazioni di alcuni concetti specificamente transnazionali come italianità e irredentismo. Al centro del suo lavoro è l’attività, ancora scarsamente conosciuta, di diversi enti e personalità tra cui Lavinia Mazzucchetti, Luigi Rusca, Felice Filippini, Giovanni Ferretti, Giuseppe Zoppi, Eros Bellinelli, la Società editoriale Melisa, l’“Associazione italo-svizzera di cultura” e il finora sconosciuto “Centro Studi per la Svizzera italiana presso la Reale Accademia d’Italia (1941-1943)”. Gli studi su quest’ultimo in particolare hanno permesso di analizzare a fondo le dinamiche della politica culturale estera fascista, nonché di osservare le posizioni ambigue nei confronti del regime di diversi intellettuali del tempo, tra cui gli stessi fondatori del Centro Arrigo Solmi e Giovanni Ferretti. Oltre che sulla piattaforma online del progetto e su un volume di saggi in preparazione, i risultati provvisori della ricerca sono stati finora esposti in diversi contributi, tra cui BOSCO-BRAGATO, Divulgazione della cultura italiana in Svizzera durante gli anni del fascismo. Zoppi, Mondadori, Rusca e il caso della mostra del Bel libro italiano moderno a Zurigo e Losanna (1938-1939) (in «Rassegna europea della letteratura italiana», in corso di stampa), BRAGATO-CASTAGNOLA, L’attività transculturale di Giuseppe Zoppi (in «Bollettino storico della Svizzera italiana», in corso di stampa), e BRAGATO-CASTAGNOLA, Editoria transculturale: i progetti editoriali “Il Roccolo” e “Pantarei” a cura di Eros Bellinelli (in «Opera nuova», n. 18 (2), 2018, pp. 87-103).
Oltre che sulle tematiche inerenti “La gita a Chiasso”, Bragato lavora sulla letteratura italiana fin-de-siècle e sulle avanguardie storiche, su cui ha pubblicato diversi contributi, tra cui la recente monografia Futurismo in nota: studio sui taccuini di Marinetti (Firenze, Cesati, 2018; bit.ly/2D9K1c7).
Per il profilo completo degli studi di Bragato cfr. uzh.academia.edu/StefanoBragato.

Valeria Iaconis (Progetto di ricerca postdoc - SNF Early Postdoc Mobility)
Il perché de «La Chiosa» (1919-1927). Transculturalità e modelli identitari in un periodico al femminile in età fascista.
Il progetto prende in esame la rivista «La Chiosa. Commenti settimanali femminili di vita politica e sociale», attivo a Genova tra il 1919 e il 1927. Il settimanale nacque per iniziativa della giornalista ticinese Flavia Steno, vantò una cui redazione composta principalmente da donne e si rivolse a un pubblico femminile, di cui intendeva promuovere una “alfabetizzazione” sociale, politica e culturale. Collocandosi nell’ambito metodologico dei Gender Studies e sfruttando le potenzialità dell’ambiente digitale per la diffusione dei risultati, l’indagine seguirà un doppio binario. Da un lato identificherà le collaboratrici del settimanale genovese e rintraccerà le reti transculturali da loro intessute. Dall’altro si soffermerà sui contenuti culturali veicolati dalla rivista, che, grazie alla sua vocazione alla mediazione tra culture, elabora e veicola un discorso originale sulla femminilità nell’Italia fascista. Durante l’indagine Valeria Iaconis sarà ospitata presso l’Università “La Sapienza” di Roma (Italia) e presso il Volda University College (Norvegia).
Contatto: valeria.iaconis@uzh.ch

Marilina Ciaco (Post-Doc & Visiting Scholar Università IULM di Milano)
Marilina Ciaco è laureata in Italianistica all'Università di Bologna e ha conseguito un Ph.D. presso l'Università IULM di Milano. Attualmente è cultrice della materia in Letteratura Italiana Contemporanea presso l'Università di Bologna.

Il suo progetto di ricerca in corso all'UZH riguarda la definizione di un corpus di scrittrici sperimentali del secondo Novecento, muovendosi fra i territori della poesia e della prosa, e coniugando le metodologie storico-critiche di analisi del testo letterario con le acquisizioni dei women studies e dei gender studies
Nell'Italia degli anni Sessanta-Settanta abbiamo avuto numerosi casi di autrici «divergenti», i cui percorsi letterari sono caratterizzati da una ricerca stilistico-formale e da istanze di poetica non riducibili alla generica temperie neoavanguardistica dell'epoca. Scrittrici come Amelia Rosselli, Alice Ceresa, Giulia Niccolai (per citarne solo alcune), testimoniano una serie di scelte testuali, nonché una concezione dello "spazio" della scrittura e della propria necessità espressiva, che pongono questioni interpretative tuttora aperte. Soggetti "nomadi" (Braidotti) o "eccentrici" (De Lauretis), spesso relegate ai margini di un canone sperimentale di per sé plurale e frammentato, queste autrici attraverso la loro opera hanno contribuito a ridiscutere e ridefinire i rapporti della scrittura femminile con la tradizione letteraria. La nozione di «divergenza» vorrebbe per l’appunto evidenziare l’elemento performativo, di dislocazione e proliferazione sovversiva dei significati da parte di soggetti che si collocano coscientemente «fuori» dai confini discorsivi e categoriali, confini imposti dal sistema di potere egemone attraverso delle costruzioni culturali arbitrarie. Tale nozione si propone inoltre di favorire un incontro fra i gender studies e i cognitive studies.