11. Prima risposta della Natura Natura. Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei. ******************************************************************************************************************** In questo segmento è compreso il primo intervento della Natura in risposta alla lunga requisitoria dell’Islandese inclusa nella sequenza dei segmenti 3-10. Il fallimento del programma di ricerca iniziale, che, come è stato evidenziato al segmento 3, consisteva in primo luogo nel tentar di vivere una vita appartata al riparo dagli affanni, ha portato l’Islandese ad inoltrarsi nel mondo, mettendolo a confronto con un’entità inintelleggibile e superiore che non gli risparmia dolore e vessazioni. La nuova esperienza, conseguita appunto grazie alla sperimentazione delle regole che governano il mondo, luogo di incessante ed inevitabile afflizione, si risolve nella condanna di colei che si cela dietro a tale condizione di vita, la Natura (vedi segmenti 9 e 10). La risposta che viene data all’Islandese è volta fondamentalmente a capovolgere la visione che egli ha dell’ordine delle cose: stando alla Natura l’uomo non occupa, benché egli sia convinto del contrario, una posizione di alcun riguardo all’interno del sistema. La freddezza - «marmorea» avrebbe aggiunto il DeSanctis - con la quale ella si esprime è impressionante: le basi sulle quali si fonda il discorso intero dell’Islandese vengono sconvolte sin dalla domanda che apre il segmento qui considerato: «Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?». Questa domanda fa apparire la condizione umana nella sua totale tragicità, mettendo in ridicolo e vanificando tutte le proteste avanzate finora dall’Islandese, ribadendo a parole il fatale stato di cose nel mondo, peraltro già reso palese dai fatti e dalle sventure narrate in precedenza (segmenti 3-10). La satira dell’antropocentrismo dunque - tema già svolto in dettaglio da un’altra operetta, Il dialogo di un folletto e di uno gnomo, (operetta che si prospetta come completamento di scritti precedenti i.e. Il dialogo di un cavallo e di un toro) – viene allora qui accolta e riproposta per suggellare il quadro di una Natura crudele, beffarda, ed indifferente ai supplizi che causa, dichiarandosi perfettamente ignara e completamente disinteressata del fatto che le azioni da lei compiute possano causare alcun tipo di dolore. La presenza dell’uomo nel mondo si rivela così essere puramente casuale ed egli non può avvalersi del privilegio di poter credere di giocare un ruolo «negli ordini e nelle operazioni» che la Natura svolge. Ai danni innumerevoli subiti dall’umanità si aggiunge dunque l’ulteriore beffa: «sempre ebbi ed ho l'intenzione a tutt'altro che alla felicità degli uomini o all'infelicità», dice amaramente la Natura. Com’è da aspettarsi, l’Islandese non si perde d’animo e nel segmento che segue risponde contrastando l’ordine delle cose qui esposto dalla Natura, a dimostrare che, come nota Sangirardi (2000:152), la filosofia di Leopardi, se da un lato accetta «ogni diminuzione satirica del “genere umano”, è [tuttavia] incapace di pensare satiricamente l’individuo». vai al precedente vai al successivo |
||
![]() |
![]() |
![]() |