Sacchi, Beatrice

Data di nascita: 1878
Luogo di nascita: Mantova
Data di morte: 1931
Nazionalità: italiana

Consegue la laurea in Matematica presso l’Università di Bologna. Nel 1911 si trasferisce a Roma, dove entra a far parte del Comitato direttivo della Biblioteca fondata dall’Associazione per la donna (1907). Interventista, dal 1916 al 1919 dirige «L’Unità di Italia», a cui collaborano anche Anna Maria Mozzoni, Anita Pagliari e Irma Scodnik. È presidentessa della sezione romana della FILDIS.

Collabora a «La Chiosa» nel 1926, con articoli sul femminismo. In particolare, in Femminismo e Fascismo, Sacchi tenta di trovare dei punti di contatto tra i due termini del discorso: «forse qualcheduno […] sorriderà vedendo abbinati questi due termini, che gli sembreranno antitetici. Eppure antitetici di per sé stessi non sono; gli avversari fascisti del femminismo non lo avversano in quanto fascisti, ma semplicemente in quanto… uomini». ((Bice Sacchi, Femminismo e Fascismo, anno VIII, n. 27, 29 luglio 1926.)) . Al contrario, continua Sacchi, femminismo e fascismo condividono diversi aspetti: tutti i partiti che si propongono un ideale di miglioramento sociale si sovrappongono, in maggiore o minore misura, con «i postulati dell’emancipazione femminile [che] racchiudono qualche cosa di profondamente umano e universale: la giustizia, l’aspirazione verso uno stato migliore del presente, dove il riconoscimento dei valori individuali, delle migliori qualità non sia condizionato al sesso o alla posizione sociale, non sia insomma misurato in rapporto a causali circostanze accessorie» ((ivi.)) . Allora, il femminismo non può che essere ‘utile’ al fascismo, sia per l’atteggiamento che questo prende verso il “problema nazionale” (la sua politica demografica) sia per il suo profilo politico. Sotto il primo punto di vista, il fascismo non può che trarre vantaggio da una maggiore partecipazione delle donne alla vita nazionale e una loro piena concessione di tutti i diritti, visto che queste sono i capisaldi della famiglia e le “custodi della razza”. «Tutto l’ordinamento sociale deve servire a porla [la donna] direttamente di fronte alle sue grandi responsabilità di madre e di produttrice, e conferirle la dignità che per questi titoli le compete, con un’educazione e un’istruzione appropriata, e sulla base della raggiunta parità di condizione civile e politica con l’uomo. È necessario incoraggiare la donna al lavoro, sotto qualunque forma, anziché al parassitismo; il che non si può ottenere se non considerando il lavoro femminile alla pari del maschile nella remunerazione a seconda del rendimento, proteggendolo, disciplinandolo e integrandolo con istituzioni sussidiarie […]» ((ivi.)), affinché non entri in conflitto con la sfera materna, ma permetta comunque alle donne di raggiungere un’indipendenza economica. Per quanto concerne l’organizzazione della società, invece, Sacchi si sofferma sull’organizzazione dello stato fascista, fondata sulla disciplina e la gerarchia: «anche qui il femminismo dottrinario, senza nulla mutare dei suoi postulati fondamentali, può inquadrarsi perfettamente nell’idea fascista» ((ivi.)): le donne hanno dimostrato di saper assolvere vari compiti e funzioni nel tessuto sociale, e di poter quindi esprimere pienamente le proprie potenzialità nelle strutture fasciste. Insomma, conclude la filosofa, «ogni donna che persegue il miglioramento e l’elevazione femminile morale, sociale e politica, fa senza saperlo della propaganda fascista; ogni fascista che propugna sul serio, con la parola e con l’esempio un ordinamento della società fondato sulla disciplina, sulla gerarchia dei valori spirituali, compendiati nella sincerità e integrità del carattere nell’austerità dei costumi, nell’intelligenza corredata da una seria preparazione di coltura generale o specifica, fa senza volerlo, della propaganda femminista». ((ivi.))

L’articolo di Bice Sacchi genera una piccola polemica ne «La Chiosa»: le risponde a stretto giro di posta Arnaldo Manca, protestando contro i «pensieri un po’… rivoluzionari» espressi dalla filosofa «onde logicamente devo pensare che Voi state per l’uguaglianza dei diritti tra marito e moglie. Il che non è fascista, egregia Signora» ((Arnaldo Manca, Femminismo e fascismo, anno VIII, n. 29, 12 agosto 1926.)). Manca ritorna sulla centralità della maternità tanto nella vita femminile quanto nell’educazione fascista della prole: «ma affinché possa la donna adempiere a tutti questi doveri, credo tutt’altro che proficua la sua completa partecipazione alle lotte politiche ed economiche» ((ivi.)) . Insomma, riflettendo sulla “missione biologica femminile”, Manca ribadisce una severa ripartizione di ruoli e funzioni tra uomini e donne, e una rigida gerarchia tra i sessi: «Il diritto naturale!… Ma il diritto naturale è quello di porgere il capezzolo al bimbo che piange!…» ((ivi.)).

La risposta di Sacchi giunge la settimana successiva: «Sì: io sto per l’uguaglianza dei diritti tra marito e moglie. Ma nego che tale uguaglianza sia antifascista» ((Bice Sacchi, Risposta di Beatrice Sacchi, anno VIII, n. 30, 19 agosto 1926.)). Anzi, dice la filosofa, ricordando alcune delle norme matrimoniali che svantaggiano le donne: «di queste ingiustizie di cui soffre la donna e implicitamente la maternità, e che dipendono dallo stato di minorità civile e politica in cui essa donna si trova, gli uomini non si accorgono. […] Il mio contraddittore riconosce che “oggi più che mai la Patria ha bisogno di tutte le donne e specialmente di tutte le madri.” E non è allora antifascistico menomare questa preziosa fonte di energie che è la donna […]?» ((ivi.)).

Fonte: Pisano, Laura (a cura di), Donne del giornalismo italiano. Da Eleonora Fonseca Pimentel a Ilaria Alpi. Dizionario storico bio-bibliografico (secoli XVIII – XX), Milano, Francesco Angeli, 2004, ad vocem.