Delfino Sessa, Piera

Luogo di nascita: Pizzale (PV)
Luogo di morte: Ariccia (RM)
Nazionalità: italiana
Attività: giornalista, insegnante, conferenziera

Laureata in Lettere e filosofia all’Università di Torino, collabora con numerosi periodici e quotidiani come «Il Secolo XIX», «La Tribuna Illustrata», «Novella» e «La Donna» di Torino. Durante la Prima Guerra Mondiale si dedica a un’intensa propaganda patriottica e il suo sentito cattolicesimo la porterà a trattare di argomenti religiosi e delle biografie di personaggi della cattolicità novecentesca. Dopo il matrimonio si trasferisce a Genova dove si dedica all’insegnamento e tiene conferenze su temi storico-letterari. Negli anni Trenta è inoltre direttrice del Lyceum genovese.

Collabora a «La Chiosa» dal 1920 al 1923 e, dopo un’interruzione, nel 1926. Durante la prima fase della sua collaborazione pubblica articoli a tema vario, che spaziano dal “saper vivere” ((Come chiamare la Suocera, anno IV, n. 1, 5 gennaio 1922)), a considerazioni di carattere eugenetico ((Noi e i nostri figli, anno III, n. 29, 21 luglio 1921)), fino alla questione del lavoro femminile e degli attacchi alle lavoratrici da parte degli ex combattenti. Come era successo per alcuni articoli di Concetta Villani Marchesani, la redazione si dissocia talvolta dalle opinioni conservatrici espresse, come nel caso del commento in esergo all’articolo Quando le vecchie strade si chiudono: «Questo articolo che vuol essere incoraggiamento ed esortazione alle donne a rimanere della orbita dell’attività domestica o a tornarvi fin dove è possibile non vuole però essere né approvazione né solidarietà all’azione di coloro che – mutilati compresi – contestano alla donna quel diritto a vivere del proprio onesto lavoro, diritto che La Chiosa intende difendere integralmente» ((Quando le vecchie strade si chiudono, anno III, n. 18, 5 maggio 1921)).
Nel riprendere la sua attività presso «La Chiosa» nel 1926, Delfino Sessa si occupa della questione del tempo libero femminile, già toccata nell’articolo Per le nostre minorenni ((anno II, n. 37, 9 settembre 1920)), in cui l’autrice accennava «ai pericoli della strada per le fanciulle operaie che, restie a rincasare dopo il lavoro, indugiavano per le vien col proposito di concedersi svago e riposo, […] progettando avventure» ((Il Dopolavoro per la donna, anno VIII, n. 6, 11 febbraio 1926)). La proposta nel 1920 era quella di istituire dei luoghi di incontro e formazione per le lavoratrici e, nel 1926, si invita l’Opera nazionale dopolavoro ad evolversi in tal senso. Il tema del Dopolavoro, con l’articolo di Ottorino Modugno La donna nel “dopolavoro”. A Piera Delfino Sessa ((anno VIII, n. 8, 25 febbraio 1926)) va ad abbracciare quello della maternità illegittima: spetta al Dopolavoro educare le masse a una genitorialità responsabile, «alla ricerca della paternità, insegnandola prima come dovere, poi come legge» e «al rispetto per la donna madre senza marito, che è sempre una disgraziata» ((ivi, enfasi nell’originale)).

Fonte: World Biographical Index