Dioneo è uno dei narratori più riuscito del Decameron, da molti critici ritenuto eccezionale rispetto alle compagne ai compagni;

 

"Il < venereo> Dioneo è vivo non solo perché il tema, fisso per gli altri, per lui è libero, né solo perché le sue novelle sono tra loro emogenee, e il loro tono sempre uguale a se stesso; ma soprattutto perché se anche prescindessimo dalle novelle da lui narrate, resterebbe tuttavia tale quantità e qualità di episodi, di morti di battute che sarebbe più che sufficiente a caratterizzarlo"

(U.BOSCO, il Decameron, "Lezioni", cit. pag 183)

 

Dioneo alle sue origini boccaccesche, si scriveva con la minuscola; viene nominato in una lettera scritta da Boccaccio, probabilmente per Francesco Petrarca, dove a un certo punto facendo l’elenco dei propri difetti attribuiti, anche un po’ per burla, all’influsso di divinità maligne, scrive che esso deriva da Diona, genitore di Venere, definito "spurcissimum dyoneum". (G.Boccaccio, Epistole (1339 ?), a Francesco Petrarca)

Dietro la minuscola si celavano alcuni attributi che poi lo faranno diventare un vero e proprio pesonaggio. La promozione a nome proprio l’abbiamo la prima volta nell’Ameto, dove Adiona racconta di essersi innamorata di un giovane bellismo, il cui nome si rivelerà essere Dioneo.

Successivamente il nome passerà dall’Ameto al Decameron, diventando una persona contenente in sé amore, allegria e oscenità di Diona ispiratore di "spurcitia", infatti il novellatore non tradisce le sue origini, e racconta novelle che ruotano intorno ad uno spunto amoroso, ed in alcune di esse troviamo il tema dello "sporcissumus" come ad esempio nella novella di Alibech - III,10)

"E così stando, essendo Rustico più che mai nel suo desiderio acccesoper lo vederla così bella, venne la resurrezion della carne ; la quale riguardando Alibech e meravigliatasi disse : -Rustico, quella che cosa è che io veggio che così si pigne in fuori e non l’ho io ?- , - O figliuola mia,- disse Rustico -Questo è il diavolo di che io t’ho parlato ; e vedi tu ora egli mi da grandissima molestia, tanta che io appena la posso soffrire -. Allora disse la giovane : -Oh lodato sia Iddio, ché io veggio che io sto meglio che non stai tu, che io non ho cotesto diavolo io-. Disse rustico : - Tu di ‘ vero, ma tu hai un’altra cosa che non l’ho io, e haila in iscambio di questo-......- Hai il ninferno ; e dicoti che io mi credo che Idio t’abbia qui mandata per la salute dell’anima mia , per ciò che questo diavolo pur mi darà questa noia, ove tu vogli aver di me tanta pietà e sofferire che in inferno lo rimetta, tu mi darai grandissima consolazione e a Dio farai grandissimo piacere e servigio, se tu per quello fare in queste parti venuta sé, che tu di’-. (III, 10, §13-18)

 

Le novelle raccontate da Dioneo si distinguono dall’insieme per due motivi: il primo perché occupano sempre una posizione fissa e perché non sono necessariamente legate al tema fisso stabilito dal re o regina della giornata. Il secondo perché il fatto che egli non segua le "leggi" istituite all’interno della brigata mette ancora una volta in evidenza la liberalità e l’indipendenza del personaggio che guarda quasi sempre con occhio critico tutte le novelle precedentemente narrate.

 

 

U.BOSCO, il Decameron, "Lezioni", cit. pag 183