La novella del conte dAnversa si apre con un motivo che ha avuto fortuna in diverse tradizioni letterarie. Di conseguenza sono molte le fonti possibili che possono essere individuate. Uno degli esempi più antichi del motivo letterario può essere riscontrato nella letteratura egiziana del 14° secolo a.C.. Si tratta della storia dei fratelli Anapú e Satú, nella quale questultimo si castra dopo le accuse ingiustamente avanzate da parte della moglie di Anapú e le successive minaccie di morte di questultimo.
E invece più vicino alla novella boccacciana un esempio che troviamo nel Kathá Sarit Ságara, dove è narrata la storia del re Mahásena e del suo leale ministro Gunasarman. Il re chiede al suo ministro di insegnare il flauto a sua moglie, la regina, Asokavatí. La regina è però follemente innamorata di Gunasarman e così approfitta della prima lezione per svelargli il suo amore. Davanti alle obiezioni morali del ministro Asokavatí fa notare che tale bellezza e abilità quali sono quelle di Gunasarman non sono donate senza ragione. In seguito minaccia prima di suicidarsi e poco dopo di far uccidere Gunasarman se questi non accetta le sue proposte. La regina denuncia il ministro davanti al re, accusandolo di averle confessato il suo amore e di averla baciata prima che una serva non avesse interrotto gli avvenimenti. Il re infuriato vuole uccidere Gunasarman, che in modo alquanto rocambolesco riesce a fuggire. La morale del racconto è apertamente misogina, come dimostrano alcune sentenze della parte finale. Alla spiegazione del comportamento di Mahásena da parte del narratore ("reliance upon the words of women destroys the discrimination of the great"; CLOUSTON, p. 502) fa eco il lamento finale di Gunasarman ("women whose love is slighted are worse than poison"; ibid.).
La morale dell'episodio del re, di suo figlio, della sua odalisca e dei sette vizir non è certamente meno misogina. Infatti la storia porta il titolo significativo "Della malvagità delle donne". Un giorno il saggio Sindbad vede nell'oroscopo del principe che questi dovrà morire nel corso dei prossimi sette giorni se dicesse una sola parola durante quel periodo. Per non far pesare troppo questi sette giorni di silenzio a suo figlio, su consiglio di Sindbad il re manda il principe dalla sua prima odalisca, cioè la schiava addetta al servizio delle donne nell'harem. L'odalisca s'innamora del principe e gli confessa il suo amore. Ma il principe la respinge avvertendola che informerà il re dell'accaduto e che questi la farà uccidere per punizione. A questo punto l'odalisca davanti al re accusa il principe di averla voluto sedurre e uccidere. Infuriato con suo figlio, il re vuole ucciderlo. Ma intervengono i sette vizir che, temendo i rimproveri del re quando questi si sarà accorto del suo sbaglio, appellano all'amore paterno del re, ricordandogli vari aneddoti della malvagità femminile.
Anche nellepisodio di Giuseppe e della moglie di Potifar (GENESI 39) si individuano alcuni elementi presenti nei racconti summenzionati: la bellezza e le buone maniere del protagonista, la solitudine della donna, lincontro in privato fra il protagonista e la seduttrice, le reiterate avances della seduttrice al protagonista, il ricorso alla lealtà verso il padrone come argomento del rifiuto, la fuga delluomo, le calunnie della donna e lira del marito, che non dubita delle parole di sua moglie. Tuttora il racconto di Giuseppe si distingue per il carattere estremamente succinto della proposta fatta dalla regina ("Giaci con me!"), che non cerca neanche di giustificare il suo comportamento. Giuseppe si sottrae alla donna lasciando la veste per la quale la regina laveva afferrato. Ed è proprio la veste di Giuseppe che la moglie di Potifar mostra come prova quando prima davanti ai servi e poi davanti a suo marito accusa lebreo di averla voluto sedurre. Spaventato dalle grida daiuto della regina, Giuseppe avrebbe abbandonato la sua veste presso la regina.
Un altro precedente interesssante della novella II,8 data della metà del Duecento. Si tratta di un exemplum di Etienne de Bourbon (exemplum n° 306). Gli exempla, queste brevi narrazioni definite da BRANCA-DEGANI come "rappresentazioni dellattività delluomo sempre bilicato fra virtù e vizio, fra Paradiso e Inferno" (p. 181), erano raccolti secondo criteri tematici e ideologici e hanno conosciuto un grande successo nel Medioevo. Ciò induce BRANCA-DEGANI ad identificare nellexemplum di Etienne de Bourbon una delle possibili fonti. Si tratta della storia di un vescovo amato da una donna sposata. Il rifiuto di questo amore da parte del vescovo spinge la donna ad accusare il vescovo di tentata violenza verso di lei. Sentendo le dichiarazioni della donna, il vescovo prende la fuga, accompagnato dal suo nipote, al quale fa giurare di nascondere la verità sui fatti avvenuti fino a quando il vescovo lo vorrà. Come sintravvede le analogie tematiche con la novella decameroniana sono numerose e BRANCA-DEGANI le riassumono in otto punti:
Dixit illa quod episcopus volebat eam opprimere... § 22: "Aiuto, aiuto! Ché l conte mi vuol far forza"
Exemplum n° 306
Novella II,8
1.) lavvenenza delluomo
Fuit quidam episcopus magne pulcitudinis
§ 7-8: Era il detto Gualtieri del corpo bellissimo
2.) la passione ardente della donna
In quem cum quedam mulier de maioribus ville inardesceret
§ 7-8: La donna del figliuolo del re gli pose gli occhi addosso e docculto amore ferventemente di lui saccese
3.) la rivelazione, da parte della donna, del suo amore
Ipsa incepit eum sollicitare, ostendens ei quomodo eius amore moriebatur
§ 10-11: Ultimamente da amor sospinta, (...) con parole rotte così cominciò a dire "Carissimo e dolce amico..."
4.) la reazione delluomo che incita la donna al ravvedimento e allonestà
Cum autem vir sanctus hoc respueret et horreret quod illa petebat, monens eam ad contrarium,...
§ 20: Il conte, il quale lealissimo cavaliere era, con gravissime riprensioni cominci`a mordere così folle amore e a sospingerla indietro,...
5.) la reazione immediata della donna (capelli e vestiti scompigliati; urla)
Illa, scissis vestibus et dissoluto crine, incepit clamare
§ 22: E così detto, a una ora messesi le mani ne capelli e rabbuffatigli e stracciatigli tutti e appresso nel petto squarciandosi i vestimenti, cominciò a gridar forte...
6.) laccusa della donna, che offre ai presenti garanzie di credibilità
De hoc conquesta est omnibus amicis suis
§ 24: Al romor della donna corsero molti, li quali, vedutala e udita la cagione del suo gridare, (...) dieder fede alle sue parole,...
7.) la fuga delluomo incolpato
Episcopus autem, hoc audiens, et innocens, et confusus, fugit ad domum suam, ...
§ 23: Il conte, veggendo questo (...) levatosi come più tosto poté della camera e del palagio uscì e fuggisi a casa sua,..
8.) il desiderio, da parte del protagonista, di mantenere il segreto circa la sua condizione
Quadam die vocavit quendam nepotem suum, quem nutriverat, et facit ei prestare iuramentum quod eius secretum nullo modo revelet usque dum diceret ei,...
§ 26-27: Il conte (...) ammaestrò i due piccioli figliuoli (...) che con ogni sagacità si guardassero di mai non manifestare a alcuno onde si fossero né di cui figliuoli, se cara avevan la vita."
La novella boccacciana si presenta dunque come una combinazione tra l'exemplum di Etienne de Bourbon e l'archetipo biblico, del quale riproduce in modo fedele la situazione iniziale. Il motivo della donna calunniatrice è centrale anche nel lai de Lanval, scritto da Maria di Francia e datato intorno al 1170. Data la grande diffusione dellopera di Maria di Francia e la sua influenza su alcune novelle del Decameron non bisogna trascurare questa possibile fonte. Al momento della distribuzione dei beni re Artù dimentica il suo cavaliere, che, depresso, lascia la corte e trova lamore di una fata, la quale lo prega però di tenere segreto il loro amore. Segue il ritorno di Lanval alla corte. La regina sinnamora di lui e gli svela il suo amore, ma il cavaliere con riferimento alla lealtà verso il re respinge le avances della regina. La regina allora lo provoca accusandolo di omosessualità. A questo punto Lanval non può fare a meno di rispondere ad un insulto così grave per un cavaliere dellepoca, svelando il suo amore e lodando la bellezza della sua amante. Ferita nellorgoglio e nella vanità, la regina accusa Lanval pubblicamente di aver tentato di sedurla e di averla inoltre insultata. Segue il processo a Lanval, che si risolve con la testimonianza della fata, e la partenza dei due amanti verso lisola mitica di Avalon. Le particolari analogie con la novella II,8 non consistono soltanto nel motivo della calunnia lanciata dalla donna respinta e nelle corrispondenze geografiche del racconto, ma anche dal lieto fine riservato al protagonista, che riesce a superare il rischio della morte migliorando addirittura la sua condizione rispetto allinizio della storia.
Nel Livre des aventures de Monseigneur Guilhem de la Barra il protagonista è chiamato dal re ad amministrare il regno durante lassenza del re, che corre a liberare una sua città in Ungheria assediata dal nemico. Per ironia della sorte, la regina Eglantina sinnamora di Guilhelm proprio attraverso la descrizione che ne fa il re nel tentativo di tranquillizzare sua moglie, preoccupata per la partenza imminente del re. Si tratta dunque di un caso piuttosto singolare dellamor ses vezer, poiché la condotta mostrata da Eglantina nell'intento di pervenire alla sua meta non è senzaltro esemplare. Così la regina incita il suo marito alla partenza per poter rimanere sola con Guilhem. I sospiri ansiosi di Eglantina mal interpretati dal marito e la riluttanza di Guilhem ad accettare lincarico propostogli dal re sembrano annunciare la svolta fatale degli avvenimenti. Come nei racconti menzionati in precedenza la donna approfitta della lontananza del marito per cercare di avvicinarsi ad un altro uomo. Ma mentre nei casi precedenti la donna soffriva dellimprovvisa solitudine perché abbandonata temporaneamente dal marito impegnato in faccende di guerra, nel caso di Guilhem la regina è decisa a sedurre il suo vassallo già prima della partenza del marito. Come in occasione degli altri racconti (eccezion fatta per Lanval) la regina crede di poter trarre vantaggio dal doppio squilibrio che caratterizza la situazione alla corte dopo la partenza del re. Mentre la regina si ritrova sola per lassenza di suo marito, il personaggio amato dalla donna è sempre caratterizzato dalla sua condizione di solitudine, esssendo single, vedovo o uomo di chiesa. Trovandosi dunque entrambi - sia la donna che l'uomo - "liberi" da impegni coniugali, la donna pensa subito al lato pratico della situazione, ignorando completamente le convenzioni morali della società.
Quando la regina Eglantina fa le sue avances a Guilhem e costui le rifiuta, Eglantina non si sente solo ferita nel suo orgoglio ma ugualmente incredula davanti agli argomenti del cavaliere. Infatti il conte davanti alla regina difende i valori della società cortese, la quale però si dimostra poco fedele ai propri codici proprio nei personaggi che ne occupano le posizioni centrali. La famiglia reale, che ricopre pur una funzione di esempio nella società cortese, trascura i propri doveri: mentre Eglantina non si preoccupa dei suoi obblighi coniugali e calunnia un membro della corte, il re si fa trasportare dall'ira dimenticando così il suo dovere di rendere giustizia.
Rispetto alle presenze summenzionate del motivo della donna respinta e calunniatrice, la scena iniziale della novella II,8 si distingue per la lunghezza e il carattere elaborato del discorso che Eglantina rivolge al suo vassallo. Mentre nei precedenti letterari la donna si accontentava di manifestare la sua passione concentrando il suo discorso fino al lapidario, Eglantina cerca di spiegare la sua passione ed il suo comportamento. Eglantina cerca di ottenere la benevolenza di Gualtieri con un inizio dolce (§ 11: "Carissimo e dolce amico e signor mio") per poi tentare di cancellare le rigide distinzioni in campo morale che caratterizzano Gualtieri. Così secondo Eglantina "dinanzi a giusto giudice un medesimo peccato in diverse qualità non dee una medesima pena ricevere" (§ 11), aggiungendo che "una donna la quale, ricca e oziosa e a cui niuna cosa che a' suoi disideri piacesse" (§ 12) abbia lo stesso diritto all'amore che gli altri uomini, premesso che scelga un degno amante. A questo punto il discorso di Eglantina scivola alle osservazione generali e teoriche al caso specifico. Avendo preparato il terreno per la sua confessione, Eglantina offre apertamente il suo amore al conte. Le attenuanti che Eglantina avanza per giustificare la sua folle passione sono la lontananza del marito e la giovane età, che la espone alle pulsioni forti. Il fatto che quest'ultimo argomento sarà poi usato da Giacchetto per giustificare il suo amore per Violante - un amore solo apparentemente "folle" ma in verità legittimo - conferisce alle parole di Eglantina una nota ironica non voluta dal personaggio ma attribuibile piuttosto all'autore.
Eglantina ammette di essere cosciente del carattere disonesto della sua passione, ma riesce abilmente a presentarsi come vittima delle sue pulsioni, chiedendo al conte di aiutarla in questa situazione delicata. Il discorso si chiude com'era iniziato, cioè con un'ode alle qualità del conte, pregato di avere pietà della povera ragazza che "come ghiaccio al fuoco" (§ 18) si consuma per Gualtieri. L'opposizione presente nell'immagine usata da Eglantina mostra però - involontariamente dal punto di vista del personaggio - l'abisso tra il personaggio di Eglantina e quello del conte d'Anversa: prammatico e immorale il primo, idealistico e integro il secondo.