La storia del Livre des aventures de Monseigneur Guilhelm de la Barra di Arnaut Vidal de Castelnaudary mostra tanti punti in comune con la novella II,8 che diventa molto improbabile pensare che Boccaccio non si sia servito del romanzo occitano come modello. Composto nel 1318, il romanzo di Guilhelm de la Barra ritraccia in 5344 versi la storia di un cavaliere nella sua missione di trovare una sposa per il re della Serra. La quête di Guilhelm è coronata da successo; la prima parte del romanzo si chiude col matrimonio del re.

La seconda parte corrisponde per ampie parti alla novella del conte d’Anversa: dopo aver respinto le avances della moglie dell’infante il protagonista fugge con i due figli. Nel corso della fuga Guilhelm affida la figlia ad una religiosa e dà in adozione suo figlio al re d’Armenia. Dopo 15 anni da mendicante il protagonista, mosso da un sogno premonitorio, va alla ricerca dei suoi figli per tornare poi in patria. Ritrova sua figlia, nel frattempo sposata con un nobile e diventata madre di due figli, i quali si dimostrano particolarmente affettuosi nei riguardi di Guilhelm, spacciatosi per mendicante. Senza rivelare la sua identità il povero cavaliere in un duello incontra suo figlio, che riconosce il padre per via del suo grido di guerra riuscendo dunque ad evitare la tragedia in famiglia. Con l’aiuto del re d’Armenia Guilhelm si vede riabilitato dal re della Serra, la cui moglie dopo tanti anni si rende conto dell’ingiustizia fatta al povero cavaliere. La regina Eglantina dichiara di aver voluto mettere alla prova la lealtà di Guilhelm verso il suo re e conferma l’ineccepibilità del comportamento di Guilhelm. Come nella novella di Boccaccio il protagonista non solo riottiene i beni perduti ma si ritrova addirittura in una posizione sociale più alta rispetto al momento prima della fuga.

Mentre il romanzo occitano è pieno di episodi fantastici, intesi a mettere ripetutamente in rilievo le grandissime virtù del protagonista fino all’inverosimile, la novella boccacciana fa a meno di eccessivi inni di lode al conte pur mettendo in luce le qualità del personaggio. Boccaccio si concentra sui momenti narrativi essenziali eliminando gli episodi spesso decorativi ed eccentrici presenti nel romanzo di Arnaut Vidal de Castelnaudary.