1. La cornice: introduzione


'Un Islandese, che era corso per la maggior parte del mondo, e soggiornato in diversissime terre; andando una volta per l'interiore dell'Affrica, e passando sotto la linea equinoziale in un luogo non mai prima penetrato da uomo alcuno, ebbe un caso simile a quello che intervenne a Vasco di Gama nel passare il Capo di Buona speranza; quando il medesimo Capo, guardiano dei mari australi, gli si fece incontro, sotto forma di gigante, per distorlo dal tentare quelle nuove acque. Vide da lontano un busto grandissimo; che da principio immaginò dovere essere di pietra, e a somiglianza degli ermi colossali veduti da lui, molti anni prima, nell'isola di Pasqua. Ma fattosi più da vicino, trovò che era una forma smisurata di donna seduta in terra, col busto ritto, appoggiato il dosso e il gomito a una montagna; e non finta ma viva; di volto mezzo tra bello e terribile, di occhi e di capelli nerissimi; la quale guardavalo fissamente; e stata così un buono spazio senza parlare, all'ultimo gli disse.

********************************************************************************************************************

Il Dialogo della Natura e di un Islandese consta di due parti fondamentali, la cornice (che occupa nella segmentazione da noi attuata i segmenti di incipit e di chiusura) ed il dialogo in essa contenuto (segmenti 2-14). Contrariamente a Fabio (1995: 211), che considera la cornice come parte non «integrante della teoria da dimostrare», Binni (1987: 55-56) fa giustamente osservare che la relazione fra le parti, nonostante le loro evidenti differenze strutturali, è invece strettissima: già nell’attacco dell’operetta che conduce al dialogo - di stampo «pseudo-storiografico» e «favoloso» (Galimberti, 1998: 235, nota 8) - si profila infatti, pur nella sua poetica allusività, la figura della Natura quale appare all’Islandese al termine del suo racconto nella porzione dialogica. Elemento chiave della svolta nel pensiero leopardiano in atto nel periodo relativo alla preparazione e stesura delle operette, definito dalla critica come il passaggio dal pessimismo di tipo "storico" ad un pessimismo "cosmico", la Natura non viene più unicamente intesa quale madre benevola - come già aveva peraltro avvertito Leopardi in un pensiero del ’21 - ma anche come matrigna funesta, risultando pertanto estremamente suggestiva e, allo stesso tempo, «terribile». Movimenti di «attrazione e repulsione» (Binni, 1982: 102) accompagnano dunque la concezione di questo personaggio, che viene rappresentato a inizio operetta in maniera da esplicitare già sul piano figurativo gli aspetti contraddittori, in seguito resi noti dall’Islandese, che costituiscono il discorso a lei associato.


                                                                                                                      vai al successivo