Pañcatantra

Una delle fonti orientali della VI,10 si trova nel Pañcatantra, che è una raccolta di favole indiane, composta intorno al terzo secolo dopo Cristo. OLIVELLE, nella sua traduzione inglese, dice però che non sia soltanto una collezione di racconti, bensì una cosiddetta sastra, cioè un trattato tecnico o scientifico, oppure una nitisastra, un trattato sul governo o sulle scienze politiche. Accenna che questo sia anche la definizione propria del Pañcatantra nel Kathamukam (introduzione) che OLIVELLE tradusse in inglese:

To Manu, Vacaspati, and Sukra,

To Parasara along with his son,

To Canakya also, that learned man,

         to all these who wrote

         great works on kingship

         homage we now pay! [1]

Visnusarman too, having examined

The gist of all the works on government,

         has now composed,

         with these Five Books,

         a text of great charm. [2]

(Cfr. OLIVELLE, p.4. Per la versione in sanscrito cfr. The Panchatantra Reconstructed, vol.1, p.3s.)

Nella letteratura novellistica indiana e di tutto il mondo il Pañcatantra assume una posizione particolare essendo stato diffuso durante 1500 anni in quasi tutti i continenti e in più di cinquanta lingue. Tramite traduzioni persiane e arabe ha raggiunto l’Europa nel tredicesimo secolo, dove ha ispirato anche la letteratura occidentale. (Cfr. GEIB, p.1).

Secondo LEE, la novella  di Frate Cipolla e le reliquie dell’angelo Gabriello sembra essere essenzialmente di origine orientale. BRANCA dal canto suo acenna che non c’è nessun vero antecedente di questa novella. Tuttavia si sono citate varie redazioni e variazioni di un racconto orientale in cui degli ambasciatori, portando in dono a un re cassette di gioielli e trovandole piene o di cenere o di capelli o di terra, sanno prontamente far credere che si tratti di oggetti o di materia miracolosa. Segue un esempio tratto dal Pañcatantra:

„Un giorno la moglie del re di Pandya disse a suo marito: <Come mai paghi 1000 monete d’oro al mese al tuo ministro degli esteri, che non fa nient’altro che scrivere dei discorsi per te e paghi soltanto due o tre monete al mese a quelli che lavorano per te notte e giorno?> Il re disse, <Te lo spiegherò con un esempio.> Prese due piccole cassette da gioielli e ci mise un paio di capelli e un po’ di cenere e le chiuse. Poi chiamò il suo ministro e un soldato che la regina gli raccomandò, diede una cassetta a ciascuno di loro e disse, <Vai e porta questo al re e quando l’avrai fatto ritorna.> Ambedue si misero in cammino. Quando il ministro arrivò dal re di Sera disse, <Il re di Pandya manda questa cassetta.> Il re la aprì e siccome non trovò nient’altro che capelli e cenere si arrabbiò ed esclamò, <Che cosa significa questo?> Il ministro, benché soltanto in quel momento vide il contenuto della cassetta, rispose con grande presenza di spirito, <Sua maestà, il nostro re poco tempo fa fece un sacrificio che oltre a uno spirito non produsse altro che capelli e cenere, perciò il re vi manda una parte di questi. Visto che però si tratta di un dono che salva le anime dei re vi imploro di conservarlo accuratamente.> Quando il re sentì questa spiegazione si rallegrò molto, diede un regalo al ministro e mandò anche diversi doni preziosi al re di Pandya. In seguito il soldato venne portato dal re di Sera e presentò la sua cassetta; quando il re l’aprì si arrabbiò di nuovo e chiese, <Che cosa significa questo?> Il soldato rimase ammutolito e non seppe cosa rispondere. Il re furiosamente disse, <Il re di  Pandya osa offendermi in questo modo?> e comandò ai suoi servitori di catturare il soldato, di picchiarlo e cacciarlo dal paese.

            Quando il ministro e il soldato ritornarono alla corte del re di Pandya, questi raccontò a sua moglie degli esiti diversi della sua missione e le chiese: >Chi meritava quindi la più grande ricompensa?> La regina, imbarazzata, se ne andò silenziosamente.” (Cfr. LEE, p.179s. e BENFEY, p.408s.)

Indubbiamente questa novella dal Pañcatantra ha elementi in comune sia con alcune favole indiane del Sukasaptati che con la novella di Frate Cipolla. In particolare spicca la pronta risposta del ministro dopo aver notato un oggetto strano e inaspettato nella cassetta; grazie a questa astuzia riuscì a rifuggire da “perdità o pericolo o scorno”. È dunque molto probabile che il Boccaccio avesse conosciuto questa novella e che ne avesse assunto alcuni elementi.