La novella 10 a confronto con le altre novelle della sesta giornata

 

L’elemento centrale di questa giornata è la parola che aiuta a fuggire „perdita o pericolo o scorno" (Introduzione, 1). In questa giornata il motto ha sempre la funzione di risposta, perché serve come riscossa a una tenetazione, o come fuga ad una minaccia. Dunque si tratta di un’ars defendendi e non di un’ars narrandi. Il motto è usato dal protagonista per eliminare un pericolo e dunque per difendersi. Anche nella VI 10 il protagonista, frate Cipolla, utilizza la parola per fuggire scorno e dunque per difendersi. Ma lo fa in un modo diverso dai protagonisti delle altre novelle.

Infatti secondo il Pastore Stocchi la più grande differenza tra la VI 10 e le altre novelle consiste nel fatto che l’articolazione della vicenda contadice una condizione più volte affermata nel tema e nelle altre novelle della giornata, cioè la prontezza e la brevità del gesto o del motto che libera il protagonista dal pericolo. Tutte le novelle della sesta giornata mostrano una conformità nelle vari narrazioni dal tema proposto che si rifletta di continuo nel ritorno puntuale di parole-guida, con riferimenti al tema assegnato da Elisa e nella misura snella e contenuta del racconto. Ma la novella raccontata da Dioneo, che è già abnorme per la notevole dimensione, caratterizza il protagonista quale oratore con una loquacità fluviale ma poco sostanziosa (il Pastore Stocchi parla di dicacitas prolixa) piùttosto che quale motteggiatore pronto e arguto. Infatti questa è l’unica novella nella quale la situazione critica non è seguita direttamente dalla veloce contromosa che risolve il pericolo imminente (PASTORE STOCCHI, 1977/78, p. 203-204). Ma colpisce soprattutto il fatto che la dilazione non sembra essere proprio necessaria. Un personaggio in sintonia con la tematica della sesta giornata, come tutti i protagonisti delle altre novelle, non avrebbe nient’altro da fare che di dichiarare subito (con una pronta risposta) ciò che frate Cipolla dirà alla fine della sua lunga predica. Infatti con una pronta risposta avrebbe potuto spiegare che la commemorazione di San Lorenzo avrebbe avuto luogo due giorni più tardi e che Dio gli avrebbe fatto scambiare la penna con i carboni. Secondo questa supposizione avremmo un racconto molto più simile agli altri della sesta giornata. Il discorso di frate Cipolla potrebbe inoltre essere interpretato come un lungo tempo d’aspetto, durante il quale frate Cipolla cercha una via d’uscita o una scusa plausibile per il fatto di non avere con sé la penna del agnolo Gabriello. Ma questa interpretazione „significa confermare la singolare non-pertinenza al tema assegniato, della prontezza nell’espediente e nella risposta, cui Dioneo pretende di essere fedele" (PASTORE STOCCHI, 1979-80, p. 203-205). Secondo il Pastore Stocchi „La clamorosa presenza nel Decameron dell’orazione di frate Cipolla non trova una necessità e una logica giustificazione nella tematica della giornata e neppure nella struttura del racconto, e anzi si impone problematicamente come un blocco in certo senso incongruo e non risolto in una funzione contestuale. Eppure essa si può dimostrare legata per una sua più recondita pertinenza al motivo della imprevedibile ludica di Dioneo, al suo gioco, insomma, delle apparenze a volta a volta assertite e smentite e delle allusive ambiguità." (p. 205).

Nell’introduzione alla sesta giornata possiamo trovare lo schema della giornata al livello più astratto: „chi con alcun leggiadro motto, tentato, si riscotesse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno" (VI intr., 1). In questo schema possiamo subito trovare una bipatizione del modello in due varianti:

Variante A:

1. Uno viene „tentato" (ossia „provaocato").

2. „Si riscuote" (ossia „si difende") con un leggiadro motto.

Variante B:

1. Uno viene minacciato di „perdita o pericolo o scorno".

2. „Fugge perdita o pericolo o scorno" tramite una „pronta risposta o avvedimento". (VAN DER VOORT, 1979/80, p. 213)

Van der Voort (p. 217) abbina la decima novella della sesta giornata alla variante B. Anche le novelle 4 e 7 della stessa giornata fanno parte di questa variante. Nella quarta novella Chichibio „fugge pericolo", mentre nella settima madonna Filippa, che rischia di finire sul rogo, „fugge perdita (della vita)". Frate Cipolla „fugge scorno" come è detto esplicitamente da Dioneo nella decima novella.