L'equivalenza tra illeterati e uomini morti legata alla simbolica del motto lanciato da Guido deriverebbe, secondo alcuni critici, da Seneca. La metafora che pone al centro del quadro la tomba come abitazione proviene dalle Lettere a Lucilio del filosofo latino: "Hos itaque, ut ait Sallustius, "ventri obedientes animalium loco numeremus, nonhominum, quosdam vero ne animalium quidem, sed mortuorum. Vivit is qui multis usui est, vivit is qui se utitur; qui vero latitant et torpent sic in domo sunt quomodo in condivitio. Horum licet in limine ipso nomen marmori inscribas: mortem suam antecesserunt. Vale." (Seneca, 82,4). Nel passo di Senaca troviamo, a livello semantico, i termini casa (domo), tomba ( condivitio) e lastra sepolcrale (marmori) che rappresentano anche i punti cardine del motto lanciato da Guido e dell'intera novella nona. Sia Seneca che il Boccaccio mettono in evidenza l'equivalenza tra casa e sepolcro associandola, il primo a coloro che per la loro decadenza non sanno vivere e anticipano cosÏ la loro morte, il secondo ai membri della brigata, gli incolti morti spiritualmente, che sorprendono l'intellettuale Cavalcanti nel suo solitario raccoglimento. L'atmosfera sepolcrale descrittaci da Seneca si rispecchia chiaramente nella novella cavalcantiana. La battutta finale di Guido, "voi potete dirmi a casa vostra ciÚ che vi piace", prende evidentemente spunto dal celebre dictum di Seneca "Otium sine litteris mors est, et hominis vivi sepoltura" in cui viene condannata, come nella novella, l'inattivitý spirituale degli uomini che equivale alla morte. |