Il motto attribuito a Cavalcanti è in realtà antecedente. Bisogna infatti presumere la dipendenza da una fonte comune tra la novella VI,9 e un capitolo petrarchesco dei Rerum memorandarum libri: una raccolta di aneddoti ed exempla raggruppati in categorie, ad illustrare vari tipi di virtù, scritti tra il 1343 e 1345. Il capitolo II, 60 della sezione De facetiis ac salibus illustrium pone come protagonista un giovane fiorentino di nome Dino, il quale alcuni critici hanno voluto identificare con il famoso medico Dino del Garbo, autore di un celebre commento alla canzone cavalcantiana Donna me prega. Dino attraversando un luogo pieno di sepolcri incontra un gruppo di anziani dai quali viene provocato e urtato. Liberandosi dai vecchi Dino lancia il suo motto: "Questo duello è impari; voi siete più baldanzosi davanti alle vostre case." (Rerum memorandarum II, 60) È evidente l'accostamento di casa e sepolcro che riscontriamo anche nella novella boccacciana. Come la brigata di Betto, anche il gruppo di anziani comprende la metafora ponendo mente alla loro fine non lontana. Ma se nel caso di Guido l'equivalenza casa-sepolcro ha un'implicazione chiaramente filosofica basata sulla lettura della canzone Donna me prega (imperniata dell'epicureismo cavalcantiano), nell'aneddoto di Dino questa equivalenza ha solamente un valore comico, poiché allude non alla morte spirituale dei suoi antagonisti, ma semplicemente all'imminente tramonto della loro esistenza. Ciònonostante, il meccanismo necessario al motto, l'ambientazione cimiteriale, l'assalto, il motto dell'assalito, sembra essere stato presente al Boccaccio durante la scrittura della novella VI,9. |