Delle usanze di creare brigate ci
riferisce anche il cronista fiorentino Giovanni Villani. Nel libro VII
89 il Villani sottolinea il fatto che queste brigate furono create
durante un periodo di pace e felicitý che regnava a Firenze, nella seconda
metý del XIII secolo. La "compagnia " propostaci dal cronista che "si
fece nella contrada di santa Felicita [...] cominciatori quelli della
casa deí Rossi " era di eccezionale nobiltý e leggiadria e composta per
la festa di San Giovanni nel giugno del 1283. Questa corte durÚ per due
mesi interi in feste e sollazzi. CiÚ fu reso possibile dallo stato di
felicità della città che durò fino al 1284 quando
iniziarono le discordie tra popolo e grandi, cioè tra i guelfi
bianchi e guelfi neri. La prossima referenza del Villani alle brigate
si trova nel VII
132 dove viene descritto nuovamente un periodo di pace ed armonia
dopo la battiglia di Casentino nel 1289. tra Bianche e Neri. Tra la descrizione
di strumenti, Ñpulcelle danzanti" e ghirlande di fiori il Villani menziona
il giorno del Ñcalen di Maggio", festa di origine medievale per celebrare
líavvento della primavera, in cui le brigate "faccendo corti coperte di
drappi e zendali, e chiuse di legname in pi˜ parti della cittý" organizza
vano feste, balli, giochi e cene. Altra referenza riguardante le brigate
si trova in X 126. Si tratta presumibilmente di una trascrizione del libro
X 217 in cui Villani parla di due brigate díartieri che si formarono
a Firenze nel 1333, un mese prima della festa di San Giovanni. Come nei
capitoli precedenti ritrae un quadro di festa e armonia in cui vivevano
questi due gruppi raccontando di divertimenti e di festeggiamenti fastosi.
Ma questo stato díallegrezza era giý destinato a cessare dopo un mese
per colpa di violente alluvioni che colpirono la cittý e la fecero ricadere
in miseria. Nel libro XI 1 Villani racconta: "Negli anni di Cristo 1333,
il dÏ di calen di novembre essendo a cittý di Firenze in grande potezia
e in felice e buono stato pi˜ chíella fosse stata dagli anni 1300 in qua
[...]; onde quel dÏ della Tussanti cominciÚ a piovere diversamente in
Firenze ed intorno al paese [...], crescendo la piova isformatamente e
oltre al modo usato, che pareano aperte le catarratte del cielo." (Villani,
XI,1) Tutte le brigate descritteci dal cronista fiorentino hanno importanti
caratteristiche in comune: difatti furono formate tutte quante in periodi
di prosperitý, di solito per la celebrazione di feste religiose o di una
vittoriosa disputa bellica, con festivitý legate a giochi, sollazzi, balli,
stromenti e ghirlande, cene e altre funzioni rituali. A giudicare dai
suoi commenti Villani ha in mente un preciso concetto di brigata. » tipico
del narrare del Villani di mettere in evidenza la condizione di felicitý
ed armonia che contraddistinguono le brigate, ma allo stesso tempo díenfatizzare
líinevitabile ritorno dellíoscuritý, della maliconia e della tristezza.
Líaltro grande cronista fiorentino, Dino Compagni, ci descrive nel suo
libro I 22 della sua Cronica gli eventi del calendimaggio del 1300 che
furono la causa della definitiva rottura tra due bande rivali, la famiglia
dei Cerchi e quella dei Donati, mettendo cosÏ le basi per líimminente
divisione dei Guelfi in Bianchi e Neri. Il Compagni conferma nello stesso
capitolo líinvolgimento di Guido Cavalcanti in queste dispute politiche
come in precedenza nel capitolo 20 dove delinea gli inizi delle discordie
tra le due famiglie fiorentine. Nella narrazione degli avvenimenti che
preparano la divisione il cronista ci presenta uníimmagine della brigata
legata a scontri armati e violenza, ben lontana dal concetto di compagnia
leggiadra e dedita al piacere. La partecipazione di Guido a questi avvenimenti
e la sua appartenenza ad una brigata ha una radice storica", essendo (Guido)
nimico di messer Corso Donati", il quale temendolo, Ñconoscendolo di grande
animo", progettÚ perfino di assassinarlo quando Guido era di ritorno da
un pellegrinaggio da S. Iacopo di Compostela in Galizia. Avendo udito
della congiura il Cavalcanti rassemblÚ un gruppo di suoi fedeli amici
per farli entrare in zuffa con i Donati. Ma dopo che líattacco di Guido
va a vuoto gli uomini di Corso lo rincorrono senza raggiungerlo, ferendolo
perÚ ad una mano e facendo cosÏ aumentare líodio che esisteva giý da molti
anni. Il passaggio del Compagni dove viene descritto líattacco di Guido
assomiglia per molti versi a quello della novella VI 9 dove a lanciare
líassalto Ë la brigata di messer Betto. "Essendo un dÏ a cavallo con alcuni
da casa Cerchi, con uno dardo in mano, spronÚ il cavallo contro a messer
Corso, credendo sé esser seguitato da Cerchi per fargli trascorrere
nella briga; e trascorrendo il cavallo, lanciÚ il dardo, il quale andÚ
in vano." (Compagni, I, 20) "Ora avvenne un giorno che [..] messer Betto
con sua brigata a caval venendo su per la piazza di Santa Reparata, vedendo
Guido lý tra quelle sepolture, disserÚ:"Andiamo a dargli briga"; e spronati
i cavalli, a guisa díun assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che
egli se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire [...]" (Dec. VI,9)
Anche se si ha un capovolgimento di ruoli nella novella rispetto alla
Cronica per quanto riguarda líattaccante, bisogna presumere che il Boccaccio
conoscesse líepisodio descritto dal Compagni che funge in un certo senso
da base storica per la novella di Cavalcanti. Indizzi per questa tesi
potrebbero essere considerati, a parte la somiglianza dal punto di vista
del contenuto, i termini spronare il cavallo e dare/fare briga utilizzati
dal Compagni e ripresi dal Boccaccio. |