Il narratore

Panfilo

Panfilo, il „tutto amore“, l’amico di tutti dal greco „pan“, tutto e „filos“, amico. Sembra essere il personaggio più semplice, più puro della brigata. Ma le novelle da lui raccontate ci mostrano un’altra sua faccia: la faccia di colui che enfatizza il bisogno di guardare oltre l’evidente, oltre il superficiale. Nelle sue novelle Panfilo ci presenta caratteri e situazioni che nascondono il loro vero essere.

Panfilo diventa così portavoce di Boccaccio, il quale ci ricorda che il Decameron non è semplicemente una raccolta di novelle divertenti. Il narratore Panfilo rispecchia così l’intento di Boccaccio di scoprire il significato nascosto, quello vero delle novelle, in modo tale da poterne trarre dei consigli utili:

"[…] parimenti diletto delle sollazzevoli cose in quelle mostrate e utile consiglio potranno pigliare, in quanto potranno conoscere quello che sia da fuggire e che sia similmente da seguitare […] "(Proemio § 14)

La maggior parte delle novelle raccontate da Panfilo, (II,7), (V,1), (X,9), (III,4), (VII,9), (IX, 6), contengono il pensiero di una lettura attenta e meditata, la capacità di capire oltre il significato primo, proprio come lo augura il Boccaccio. Solo così può essere sciolto l’inganno delle apparenze.

Il novellare di Panfilo è posizionato in punti strategici del Decameron: all’inizio con la novella di ser Ciappelletto (I,1), a metà opera con Cimone ( V,1) e quasi alla fine con messer Torello (X,9). Sono punti fissi che ricordano al lettore l’intento dell’autore. Nella prima novella in assoluto la santità di Ciappelletto è portata avanti come qualcosa che piace a Dio per ragioni che sono difficili da capire per gli uomini. Infatti Panfilo passa da una pura e mera narrazione della novella a una meditazione sul destino e sul volere divino. Ser Ciappelletto costruisce attorno a sè un mondo fantastico di bontà e di virtù che viene creduto come vero dai suoi destinatari. Così anche Giotto è capace di dipingere come se tutto fosse vero. Inganna in un certo qual modo il suo pubblico sia attraverso la sua pittura realistica, sia attraverso la sua stessa apparenza poco estetica che cela il gusto e le qualità eccellenti di un artista capace di creare opere d’arte bellissime.

“[...] Se all’inizio Panfilo aveva indicato tale rapporto partendo da una riflessione globale, nella VI, 5 egli lo dimostra fondandosi su un’avventura irrilevante.“ (BARATTO 1974,  p. 412)

Per approfondire lo studio della figura di Panfilo si dovrebbe tener conto di tutti i suoi interventi, come sarebbe opportuno farlo per tutti e dieci i narratori. Riteniamo sia dunque indispensabile dedicare a loro una sezione a parte all’interno dell’ipertesto.