I caratteri generali della VI giornata

Proponiamo un breve percorso dei caratteri generali della VI giornata del Decameron. Inizieremo dall’argomento della giornata al quale ci limiteremo ad accennare rinviando a TEMI E TOPOI > MOTTO. È importante partire dal tema del motto perché è esso che fa scaturire una serie di elementi che caratterizzano tutte le novelle della VI giornata, in particolare alla struttura narrativa.

Nella VI giornata „si ragiona di chi con alcuno leggiadro motto, tentato, si riscosse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno". Il raccontare, l’uso della parola, insomma l’attività principale dei membri della brigata viene esemplificata soprattutto in questa giornata centrale del „Decameron", nella quale agiscono personaggi interessanti anche, ma non solo, perché sanno parlare.

Struttura narrativa delle novelle della VI giornata

L’argomento della giornata è menzionato sia nella conclusione della giornata precedente, nei §§ 2 e 3, sia nelle rubriche autoriali. (Per un approfondimento sul tema del motto vedi: TEMI E TOPOI > MOTTO.) Ad esempio, nella rubrica della novella VI, 5 leggiamo:

Messer Forese da Rabatta e maestro Giotto dipintore, venendo di Mugello, l’uno la sparuta apparenza dell’altro motteggiando morde.

Proprio dalle rubriche delle novelle della VI giornata possiamo ricavare le strutture delle novelle stesse e una chiave di lettura per esse (PICONE 1999, Introduzione alla VI giornata, seduta seminariale) e VAN DER VOORT 1979, pp. 207-241). Proponiamo una chiave di lettura per le singole novelle.

Esistono due tipologie di racconto e ciascuna di esse delle due si articola in tre segmenti. Vediamo dapprima la rappresentazione grafica (PICONE 1999, Introduzione alla VI giornata, seduta seminariale):

A) tentazione à

(provocazione)

motto à

leggiadro o villano

riscossione

(liberazione)

B) perdita, pericolo, scornoà

minacciati

pronta risposta, à

avvedimento

perdita, pericolo, scorno

evitati

La struttura narrativa delle novelle di tipo A parte da una situazione iniziale, nella quale il protagonista è provocato dall’antagonista. A questo primo momento della provocazione segue il momento della risposta con un pronto motto da parte del protagonista. Il momento successivo è quello della liberazione. Col motto il protagonista è riuscito ad eliminare le basi dell’attacco dell’antagonista.

Appartiene a questo tipo A la novella VI, 5 nella quale „l’uno la sparuta apparenza dell’altro motteggiando morde". Forese da Rabatta tenta Giotto con un’osservazione sul suo aspetto disavvenente. Giotto (protagonista), a sua volta, risponde con un motto, salvandosi dalla situazione d’imbarazzo provocata da Forese (antagonista), il quale „udendo il suo error riconobbe, e videsi di tal moneta pagato, quali erano state le derrate vendute".

Attribuiamo inoltre a questo tipo le novelle VI,1; VI,2; VI,3; VI,8 e VI,9.

Il tipo B parte da una situazione iniziale non più caratterizzata da una semplice provocazione verbale, bensì da una reale infrazione commessa dal protagonista. Il protagonista si libera da una situazione di pericolo grazie alla parola o ad una pronta risposta. Appartengono al tipo B) le novelle VI,4; VI, 6; VI,7 e VI,10. (PICONE 1999, Introduzione alla VI giornata, seduta seminariale)

Rispecchiamento del macrotesto nei microtesti della VI giornata

Ad un livello superiore notiamo che il macrotesto (piano dell’enunciazione) si rispecchia nei microtesti (piano degli enunciati narrativi) della VI giornata. Proponiamo di nuovo dapprima una rappresentazione grafica:

A) CORNICE (livello dell’autore / lettrici)
malinconia à

(amore doloroso)

consolazione à

(letteratura)

cessazione della malinconia

(divertimento)

B) STORIA PORTANTE (livello dei narratori)
pericolo incombente à

(peste)

CITTÀ

parola salvifica à

(le 100 novelle)

CAMPAGNA

pericolo esorcizzato

(insegnamento)

RITORNO IN CITTÀ

Il rispecchiamento della cornice nel microtesto della novella VI,5 potrebbe essere descritto nel modo seguente: come Forese da Rabatta tenta Giotto, così la malinconia delle donne provoca Boccaccio-autore. Se Giotto risponde con un motto, Boccaccio lo farà scrivendo il Decameron, e se Giotto pone fine alla situazione d’imbarazzo, Boccaccio, divertendo le donne, fa cessare la loro malinconia. La cornice si rispecchia nei microtesti di tipo A della VI giornata.

La storia portante, invece, si riflette nei microtesti di tipo B della VI giornata. Il pericolo incombente della peste rispecchia la situazione di rischio del protagonista. Come la brigata esercita l’attività del raccontare esorcizzando in modo tale il pericolo, così il protagonista si libera dal pericolo evitando una punizione grazie ad una pronta risposta. (PICONE 1999, Introduzione alla VI giornata, seduta seminariale)

Ambientazione ed estensione delle novelle

Il tema del motto ha dunque delle conseguenze sulla struttura delle novelle. Inoltre esso influenza anche il tipo di ambientazione e di estensione della novella.

Il numero di personaggi viene di solito ridotto a due: il protagonista e l’antagonista. Fra essi avviene lo scambio verbale. Per avere la battuta pronta, il protagonista deve ad esempio essere spiritoso. Inoltre, protagonista e antagonista dovrebbero avere una comunanza di costumi e di vita. Meglio ancora se anche il pubblico può identificarsi con i loro costumi, affinché i motti (vedi: TEMI E TOPOI > MOTTO) vengano sicuramente e prontamente recepiti. Visto che le novelle illustrano tutta la scala sociale fiorentina dell’epoca, a partire dalle figure più illustri come Cavalcanti o Giotto per arrivare a servi astuti e bizzarri come Chichibio o Guccio Balena, la ricezione in tal senso è assicurata. Ciò spiega anche perché lo spazio geografico sia eccezionalmente ristretto: cinque novelle si svolgono a Firenze, tre ( tra cui la novella VI,5) nell’immediato contado fiorentino e le due rimanenti sempre in Toscana a Prato (VI,7) e a Certaldo (VI,10). Diventa evidente il motivo per cui In questo microcosmo fiorentino uno stesso tema può ricorrere in diverse novelle. Pensiamo per esempio al tema della bruttezza ricordato nelle novelle VI,2; VI,4; VI,5; VI,6 e VI,8.

Le novelle della VI giornata sono estremamente brevi. Esse fanno così della VI giornata quella col minor rendimento narrativo. Questa succintezza si riflette anche osservando la distanza tra il mondo stilizzato della brigata e quello popolare e colorito delle novelle, distanza che viene ridotta al minimo. Passano infatti pochissimi anni tra il tempo della storia (per es. in VI,5: Giotto muore nel 1337) e il tempo del racconto (che ha luogo durante la peste del 1348).

Le novelle sono in questo senso talmente incatenate tra loro che Dioneo rinuncia a separarsi dal tema del motto e racconta la novella di frate Cipolla. Dioneo comunque si concede un elemento di eccezione che però questa volta non riguarda il contenuto della novella, bensì la sua forma. Egli racconterà una novella lunghissima. Un semplicissimo calcolo può evidenziare la strategia di Dioneo. Nell’edizione di Branca la novella di Giotto raccontata da Panfilo occupa lo spazio di 68 righe, mentre quella raccontata da Dioneo ne occupa ben 284. Vale a dire che la novella di frate Cipolla è ben quattro volte più lunga di quella di Giotto!

Nella VI giornata l’attività del narrare, vista ad ogni livello (dall’autore implicito, ai dieci narratori, ai personaggi a quello dei personaggi-narratori) è colta al meglio come un dilettevole processo e come un acquisto di conoscenza nei confronti di una realtà più o meno familiare. Con le novelle della VI giornata Boccaccio riesce benissimo in questo suo intento di „[...] legare la composizione del libro alla sua propria vita, e alla società in mezzo alla quale è vissuto [...]" (FIDO 1977, p. 48).