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Novella LXXV A Giotto dipintore, andando a sollazzo con certi, vien per caso che è fatto cadere da un porco; dice un bel motto; e domandato d'un'altra cosa, ne dice un altro. Chi è uso a Firenze, sa che ogni prima domenica di mese si va a San Gallo; e uomini e donne in compagnia ne vanno là su a diletto, piú che a perdonanza. Mossesi Giotto una di queste domeniche con sua brigata per andare, ed essendo nella via del Cocomero alquanto ristato, dicendo una certa novella, passando certi porci di Sant'Antonio, e uno di quelli correndo furiosamente, diede tra le gambe a Giotto per sí fatta maniera che Giotto cadde in terra. Il quale aiutatosi da sé e da' compagni, levatosi e scotendosi, né biastemò i porci, né disse verso loro alcuna parola; ma voltosi a' compagni, mezzo sorridendo, disse: - O non hanno e' ragione? ché ho guadagnato a mie' dí con le setole loro migliaia di lire, e mai non diedi loro una scodella di broda. Gli compagni, udendo questo, cominciorono a ridere, dicendo: - Che rileva a dire? Giotto è maestro d'ogni cosa; mai non dipignesti tanto bene alcuna storia quanto tu hai dipinto bene il caso di questi porci. E andaronsene su a San Gallo; e poi tornando da San Marco, e da' Servi, e guardando, com'è usanza, le dipinture, e veggendo una storia di nostra Donna e Josefo ivi da lato, disse uno di costoro a Giotto: - Deh dimmi, Giotto, perché è dipinto Josef cosí sempre malinconoso? E Giotto rispose: - Non ha egli ragione, che vede pregna la moglie, e non sa di cui? Tutti si volsono l'uno all'altro, affermando, non che Giotto fusse gran maestro di dipignere, ma essere ancora maestro delle sette arti liberali. E tornatisi a casa, narrorono poi a molti le due novelle di Giotto, le quali furono tenute parole proprio di filosofo dagli uomini che avevono intendimento. Grande avvedimento è quello di uno vertuoso uomo, come fu costui. Molti vanno e guardano piú con la bocca aperta, che con gli occhi corporei, o mentali; e però qualunche vive non può errare d'usare con quelli che piú che lui sanno, però che sempre s'impara. |
Nella seconda novella avendo come protagonista lartista Giotto, Franco Sacchetti mette in luce la mitica prontezza di parola del pittore. Ricordiamo a questo proposito che già Boccaccio nella novella VI.5 chiama Giotto un "bellissimo favellatore". Nelle poche righe costituendo la novella, Giotto dice non meno di due bei motti. Avendo riso del primo motto, i compagni di Giotto osservano che "Giotto è maestro dogni cosa; mai non dipignesti tanto bene alcuna storia quanto tu hai dipinto bene il caso di questi porci." Dopo il secondo motto, si volsero poi luno verso laltro, affermando "non che Giotto fusse gran maestro di dipignere, ma essere ancora maestro delle sette arti liberali." Giotto viene, quindi, descritto non solo come un artista geniale, ma anche come uomo di spirito, le cui parole "furono tenute parole proprio di filosofo dagli uomini che avevono intendimento". |