Testo
Commento
 

XLVII.

"Accedit antem semel, quod dum Giottus pingeret Paduae, adhuc satis iuvenis, unam capellam in loco ubi fuit olim theatrum sive arena, Dantes pervenit ad locum. Quem Giottus honorifice receptum duxit ad domum suam, ubi Dantes videns plures infantulos eius summe deformes et – ut cito dicam – patri simillimos, petivit: "Egregie magister, nimis miror, quod cum in arte pictoria dicamini non habere parem, unde est, quod alias figuras facitis tam formosas, vestras vero tam turpes?" Cui Giottus subridens praesto respondit: "Quia pingo de die, sed fingo de nocte." Haec responsio summe placuit Danti, non quia sibi esset nova, cum inveniatur in Macrobio, Liber Saturnalium, sed quia nata videbatur ab ingenio hominis. Iste Giottus vixit postea diu. Nam mortuus est in MCCCXXXVI et sic nota quod Giottus adhuc tenet campum, quia nondum venit alius eo subtilior, cum tamen fecerit aliquando magnos errores in picturis suis, ut audivi a magnis ingeniis. Ista ars pingendi et sculpandi habuit olim mirabiliores artifices apud Graecos et Latinos, ut paret per Plinium in Naturali historia."

(Benvenuto da Imola, Commentarius ad Dantis Comoediam, in "Quellenbuch zur Kunstgeschichte des abendländischen Mittelalters", a c. di Julius Schlosser, Wien, Carl Graeser, p.348-349)

Durante l’ultimo quarto del Trecento, alcuni commentatori della Commedia di Dante hanno contribuito notevolmente alla leggenda creatasi intorno all'artista Giotto.

Il commento di Benvenuto da Imola, scritto probabilmente nel 1376, costituisce un esempio importante a questo proposito.

Il temi della bruttezza fisica dell’artista Giotto e della sua mitica prontezza di parola (nel nostro caso, Giotto risponde secondo la famosa formula del Macrobio: "[...] apud L. Mallium qui optimus pictor Romae habebatur, Servilius Geminus forte cenabat cumque filios eius deformos vidisset, "Non similiter" inquit, "Malli, fingis et pingis." Et Mallius: " In tenebris enim fingo" inquit, "luce pingo." Saturnalia II, 2, 10) sono tradizionali nella letteratura dell'epoca.

Evidenziamo, però, anche alcuni punti nuovi nel commento dell‘Imola: l’incontro (fittizio) di Giotto e Dante sarà fondamentale per lo sviluppo della leggenda intorno a Giotto.

Non possiamo dire con sicurezza se questo incontro ha avuto luogo o no. I lavori di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova si svolgessero nel primo decennio del Trecento. Dante soggiornò a Verona negli anni 1303-1307: sarebbe quindi stato possibile per lui visitare la cappella a Padova. Ciò nonostante, non esistono, a nostra conoscenza, documenti storici che provino un incontro dei due maestri, Dante e Giotto. La loro amicizia, anche se non verosimile, è però fondamentale per la formazione della leggenda intorno a Giotto.

Come ultimo punto nuovo nel testo di Benvenuto da Imola segnaliamo che Imola è il primo a parlare di errori nell’opera di Giotto (FALASCHI, 1972, p.11).