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Commento
 

LXXXV

[...]

83 Nell’anno, al dì dicennove di Luglio,

    Della Chiesa maggiore il Campanile

    Fondato fu, rompendo ogni cespuglio,

84 Per Mastro Giotto, dipintor sottile,

    Il qual condusse tanto il lavorìo,

    Che‘ primi intagli fe con bello stile.

85 Nel trentasei, siccome piacque a Dio,

    Giotto morì d’età di settant’anni,

    E‘n quella Chiesa poi si soppellìo.

86 Poscia il condusse un pezzo con affanni

    Quel solenne Maestro, Andrea Pisano,

    Che fe la bella porta a San Giovanni;

87 Ma per un lavorìo, che mosse vano,

    Il qual si fece per miglioramento,

    Il maestro gli fu tratto di mano;

88 E guidol poi Francesco di Talento,

    Infinchè al tutto fu abbandonato,

    Per dar prima alla Chiesa compimento.

89 Nel trentaquattro, ch’io avea lasciato,

    Si rifondò il Ponte alla Carraia,

    Che ‘l diluvio per terra avie cacciato.

90 E fo memoria quì, perch’e’si paia,

    Che di fiorini al Comun venne costo

    Compiuto ben, venticinque migliaia.

    [...]

 (Antonio Pucci, Centiloquio, a c. di Frate Ildefonso di San Luigi, Firenze, Gaetano Cambiagi, 1775, p.111-121.)

 

Il Centiloquio di Antonio Pucci, pubblicato nel 1373, è la trascrizione in terza rima delle Storie di Giovanni Villani (vedi: INTERTESTUALITÀ > VILLANI).

La sequenza non apporta grande novità quanto alla fortuna di Giotto: Pucci riproduce - grosso modo - le informazioni essenziali del testo di Giovanni Villani.

Ciononostante, evidenziamo una novità interessante nel canto del Pucci: egli inserì nel suo testo l'anno (probabile) della nascita e della morte di Giotto. Se i "settant'anni" non sono una cifra approssimativa, Giotto dovrebbe essere nato nel 1266, e morto nel 1337 (secondo il calendario ab Incarnatione allora vigente a Firenze, in cui l'anno aveva inizio dal giorno dell'Annunciazione, il 1336 equivale all' anno 1337).

Questi dati, storicamente non dimostrabili con sicurezza, sono, ancora oggi, spesso argomento di discussione.