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73 Ascoltando chinai in giù la faccia; e un di lor, non questi che parlava, 75 si torse sotto il peso che li mpaccia, e videmi e conobbemi e chiamava, tenendo li occhi con fatica fisi 78 a me che tutto chin con loro andava. "Oh!" dissio lui, "non se tu Oderisi, lonor dAgobbio e lonor di quellarte 81 challuminar chiamata è in Parisi?" "Frate" disselli "più ridon le carte che pennelleggia Franco bolognese: 84 lonore è tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare io stato sì cortese mentre chio vissi, per lo gran disio 87 de leccellenza ove mio core intese. Di tal superbia qui si paga il fio; E ancor non sarei qui, se non fosse 90 che, possendo peccar, mi volsi a Dio. Oh vana gloria de lumane posse! compoco verde in su la cima dura, 93 se non è giunta da letati grosse! Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, 96 sì che la fama di colui è scura: così ha tolto luno a laltro Guido la gloria de la lingua; e forse è nato 99 chi luno e laltro caccerà del nido. Non è il mondan romore altro chun fiato di vento, chor vien quinci e or vien quindi, 102 e muta nome perché muta lato. Che voce avrai tu più, se vecchia scindi da te la carne, che se fossi morto 105 anzi che tu lasciassi il "pappo" e `l "dindi", pria che passin millanni? chè più corto spazio a letterno, chun muover di ciglia 108 al cerchio che più tardi in cielo è torto. |
La prima referenza a Giotto, molto famosa, si trova nel canto XI (versi 94-96) del Purgatorio. Nel girone dei superbi, Dante-personaggio e Virgilio incontrano una schiera di anime, che procedono lentamente, rannicchiate sotto il peso di enormi massi: i volti, che si ersero superbi, ora sono costretti a forza verso terra; tutta la persona, abituata ad esprimere la dignità e lalterigia, ora si piega e si contorce in atti di forzata contrizione, viva immagine di una grandezza proterva che à stata umiliata e vinta.
I celebri versi 94-96 sono messi in bocca a Oderisi da Gubbio, famoso miniatore, che Dante probabilmente incontrò nel 1268 e nel 1271 a Bologna. Oderisi dovette essere tra i rappresentanti maggiori di quella scuola bolognese di miniatori, in cui primamente si avverte un distacco dalla maniera bizantina e un accostamento ai modi francesizzanti. Mancano però opere attribuibili con sicurezza a questo miniatore. La fama di Oderisi di miniatore abilissimo è superata ormai da quella di Franco bolognese; così Giotto ha vinto in grido la rinomanza di Cimabue (vedi: PERSONAGGI > GIOTTO > VITA E OPERE), che teneva il campo della pittura; Guido Cavalcanti ha tolto la gloria della lingua al Guinizelli, e forse entrambi hanno già trovato in Dante il poeta che li farà dimenticare (v.98,99). Dante e Giotto hanno, ciascuno nel suo campo, oscurato la fama dei loro predecessori. Secondo Oderisi, la loro rinomanza, però, non è duratura e sarà un giorno superata da quella di altri pittori e poeti. Ogni rinomanza, conclude Oderisi, non è altro che un fiato di vento, anche la gloria è sottoposta alla legge della futilità. Il fatto che il duplice confronto artistico dei vv. 94-98 si trovi inquadrato fra due passi di eguale senso sulla caducità del mondan romore, ha un valore incontestabile nellindicare che Dante vedeva la fama contemporanea di Giotto come un fenomeno anchesso effimero. (Enciclopedia Dantesca, II, p.2) Resta a sapere se Dante, riferendo leco della fama giottesca, esprima un giudizio personale, fondato sulla conoscenza diretta di opere di Giotto, oppure se si faccia portavoce, impersonalmente, della risonanza di quellevento artistico fuori di Firenze. È, però, assai probabile che Dante abbia conosciuto al momento della pubblicazione del Purgatorio - alcune opere di Giotto, soprattutto a Roma e Padova. (Enciclopedia Dantesca, II, p.176) Per concludere occorre rilevare il fatto che le personalità dei due contemporanei Dante e Giotto divergono profondamente nelle rispettive concezioni del mondo in quel loro tempo transitorio, ai limiti del mondo medievale: il conservatorismo di Dante contrasta invariabilmente con le intenzioni dellarte giottesca che perseguono come polarità costante un liguaggio iconografico devozionale nuovo. (Enciclopedia Dantesca, II, p.178) |