Esposizione sopra la Commedia, V, litt. 65-68

        L’altra, che segue nella predetta schiera Semiramìs,

        è colei che s’ancise amorosa, cioè amando, E ruppe fede,

        congiungendosi con altro uomo, al cener di Siccheo, suo

        marito stato. Vuole l’autore per questa circunscrizione

        che noi sentiamo costei essere Didone, figliola che fu

        del re Belo di Tiro; la istoria della quale si raconta in

        due maniere.

        Dido, il cui nome fu primieramente Elissa, fu, se-

        Condo che Virgilio scrive, figliuola di Belo, re de’ Fe-

        Nici. Il quale Belo, venendo a morte, Pigmalione, suo

        Fratello, e lei, ancora fanciulla, lasciò nelle mani de’ suoi

        Subditi, li quali in loro re sublimarono Pigmalione; ed

        Elissa, così fanciulla come era, dieron per moglie ad

        Acerba, o Siccheo che si chiamasse o vero Sicarba, il

        Quale era sacerdote d’Ercule, il quale sacerdozio era,

        dopo il reale, il primo onore appo i Tiri; li quali insieme

        santissimamente s’amarono.

        Era oltre ad ogni uomo avaro Pigmalione, per la

        Qual cosa Siccheo, il quale era ricchissimo, temendo

        L’avarizia del cognato, ogni suo tesoro aveva nascoso;

        nondimeno, essendo ciò pervenuto all’orecchie di Pig-

        malione, cominciò quelle ricchezze ferventemente a di-

        siderale e, per averle, fraudolentemente uccise Siccheo.

        La qual cosa avendo Elissa sentito, e dolorosamente

        Pianta la morte del marito, temendo di sé, tacitamente

        Prese consiglio di fuggirsi; e, posta giù ogni femminea

        Tiepideza e preso virile animo, di che ella fu poi chia-

        Mata Didone, avendo tratti nella sua sentenza certi

        Nobili uomini de’ Fenici, li quali ella conoscea che odia-

        Vano Pigmalione, presi certi navili del fratello e quegli

        Senza alcuna dimora armati, come se, del luogo dove era,

        andar se ne volesse al fratello, nascostamente in quegli

        fece caricar tutti i tesori stati del suo marito, e, oltre ad

        essi, quegli che aver poté del fratello; e palesemente

        fece mettere nelle navi sacchi pieni di rena e guardargli

        bene.

        Boccaccio, Giovanni, Tutte le opere, a c. di Vittore Branca, VI,

        Esposizione sopra la Commedia di Dante, §§ 65-68, Milano,

        Mondadori, 1965, pp. 295 -296,