Eneide IV, 325-335
(Didone a Enea)
[ ] si quis mihi parvulus aula
luderet Aeneas, qui te tamen ore referret,
non equidem omnino capta ac deserta viderer.
Dixerat. Ille Iovis monitis immota teneba
Lumina et obnixus curam sub corde premebat.
(Enea risponde)
Tandem pauca refert: Ego te quae plurima fando
Enumerare vales numquam, regina, negabo
Promeritam nec me meminisse pigebit Elisse,
dum memor ipse mei, dum spiritus hos regit artus. [ ]
Traduzione italiana:
(Didone a Enea)
[ ] Almeno se stringessi fra le braccia un figlio avuto da te
prima della fuga, se giocasse per me nella corte
un piccolo Enea che almeno richiamasse te nel volto,
certo non mi sentirei sorpresa e abbandonata del tutto.
Ai comandi di Giove, e premeva con sforzo la pena nel cuore.
(Enea risponde)
Infine rispose brevemente: Per quanto tu possa
enumerare moltissimi meriti, giammai negherò
che li avesti, o regina, né mi dorrò di ricordare Elissa,
finché mi ricordi di me e lo spirito mi regga le membra. [ ]
(Didone)
[ ] di morientis Elisse,
accipite haec meritumque malis advertite numen
et nostras audite preces[ ]
Traduzione italiana:
(Didone)
[ ] dei della morente Elissa,
accogliete quello che dico, punite con giusto nume i malvagi,
e ascolate le mie preghiere.[ ]
Virgilio, Eneide, a c. di Ettore Paratore, Vol. II, (Libri III-IV), Milano,
Mondadori, 1978.