La scena conviviale

La scena conviviale in Boccaccio è stata analizzata in particolare da Sanguinetti-White (LA SCENA CONVIVIALE, 1983, pp. 5-6):

Nell’ ambito delle letterature romanze il convito è uno degli elementi base nella descrizione di quella vita altamente cerimoniale e avventurosa della società feudale, assieme ai tornei, alle cacce e alle partenze.

Le generazioni fiorentine pre-boccaciane presentano l’immagine del convito nella duplice interpretazione realistica e metaforica. [...] Il concreto impiego del topos [...] rievoca un clima perduto e nostalgicamente rimpianto. Nel complesso mondo poetico dantesco, l’immagine, nella sua accezzione neo-platonica, è assunta a importantissima metafora: è il Convivio, simbolica mensa dove lo pan de li angeli si manuca, l’opera che il poeta fiorentino destina a promuovere la propria immagine come sapiente.

Nel Boccaccio le due divergenti potenzialità del topos trovano sintesi armonica in uno schema narrativo risultante dalla fusione delle due tradizionali interpretazioni: l’aggruppamento di individui in un incontro di base edonistica che celebra virtù liberali sociali ed intellettuali.

L’immagine del convito è impiegata con crescente rilievo e frequenza nell’arco della produzione letteraria del Boccaccio. Il topos appare nelle opere giovanili quale elemento funzionale seppure ancora con valore occasionale e periferico. Esso percorre il Decameron come forza vitale e unificatrice sia al livello della cornice che nel corpo delle novelle con una frequenza che rivela l’intima aderenza ispirativa dell’autore ad un tema tradizionale.

Il convito con gli ospiti forestieri a casa di Currado Gianfigliazzi è la scena dove comincia il conflitto tra i due protagonisti, proprio quando meravigliandosene, fece chiamare Chichibio e domandollo che fosse divenuta l’altra coscia della gru. [...] Currado per amore de’ forestieri che seco avea non volle dietro alle parole andare, [...]. (DECAMERON, 1992, pp. 732-733) Per le circostanze sociali di questo convito, per la presenza dei forestieri Currado ritiene gran parte della sua ira. Ciò nondimeno minaccia Chichibio e il convito genera un cambiamento, un disturbo del loro rapporto personale. Chichibio, il servo che appartiene al ceto popolare, si trova nella posizione inferiore, quasi dipendente da Currado che rappresenta il ceto bancario-magnatizio.

Sulla natura della scena conviviale dichiara Sanguinetti-White (LA SCENA CONVIVIALE, 1983, pp. 5-6):

E’ l’istituzione che aggruppa per eccellenza, che trova ragion d’essere nell’incontro umano e in cui sensi e spirito attuano e godono la gioia tutta umana della verbale comunicazione. Narrativamente il convito inizia e ancor meglio conclude l’evento umano e, [ ... ] non può essere alterato nella sua essenza.

(vedi intratestualità: la scena conviviale)