Il motto di spirito nell’intratestualità

Borsellino (LA TRADIZIONE DEL COMICO, 1989, p.36) illustra il motto di spirito: Il motto è arte del bel parlare[...] e del mordere senza lacerare. E il repertorio esibito dai novellatori della sesta giornata mette in luce una civiltà fiorentina. Il motto di spirito è il tema generale delle novelle, quasi tautologico, il gioco del motteggiare e del dire arguto, che viene applicato come arma di provocazione o di difesa.

Nicolò Mineo divide in due serie diverse le novelle della sesta giornata, secondo il principio di variazione nella scelta del tipo di motto o di „risposta" o di „avvedimento". Dimostra l’analisi di Mineo (LA NOVELLA E IL COMICO, 1996, p. 82) che:

Un significato invece credo che abbia il rapporto tra tipo di novella raccontato e sesso del novellatore e in generale la distribuzione dei novellatori. Tre su quattro delle novelle appartenenti alla prima categoria sono raccontate da donne, mentre della seconda ne raccontano quattro su sei. E’ una conferma che il motto, in senso proprio, si addica soprattutto alle donne. E poi sono loro a regolare l’ordine del raccontare e a impostarne e concluderne le tematiche, succedendosi consecutivamente quattro all’inizio della giornata e due consecutivamente alla fine di essa - non tenendo conto della posizione di Dioneo, sempre eccezionale -.

Ovviamente le donne occupano il ruolo dominante nel raccontare i motti.

Continua Mineo (LA NOVELLA E IL COMICO, 1996, p. 82):

L’unificazione di ambedue le serie e della stessa impostazione narrativa delle novelle si realizza su un altro terreno. Quello delle condizioni di funzionamento della risposta, che poi vorrà dire anche le condizioni e la natura del comico che con esso si costituisce. Si possono definire col ricorso ad un’unica categoria: l’inatteso. [...] In generale, per la nostra giornata, il meccanismo della risposta consiste nello spostamento del sistema referenziale dal terreno su cui è stato fondato nell’intera novella a un diverso terreno che non ha nel primo alcuna implicazione o presupposizione.

Il procedimento è diverso da novella a novella. Ne diamo conto, seguendo la distribuzione nelle due serie sopra individuate. Cominciamo con la prima serie. Nella terza novella Nonna dei Pulci rovescia un ipotetica situazione di personale abiezione, per la finta accettazione della proposta provocatoria, in rimprovero di quella altrui. Nella quinta la provocazione è vanificata proprio dall’accettazione del suo fondamento: l’equivalenza tra figura fisica e capacità intellettuali. Assai simile il procedimento della novella ottava. Il vedere è accettato come momento giudicante, ma a danno proprio di chi aveva instaurato un tal metodo. Nella nona è l’accettazione, apparente del potere altrui a rovesciarsi in un accusa di effettiva impotenza. Ci accorgiamo che esiste un elemento comune a tutte: l’apparente accettazione dei presupposti su cui si è fondata la provocazione.

Passiamo alla seconda serie. Nella prima novella, lo spostamento si ottiene per l’assunzione, in significato proprio, da parte di madonna Oretta, della metafora prima adoperata dal suo antagonista. Nella seconda lo spostamento è procurato dal non senso apparente della risposta di Cisti. Nella quarta è l’assurdo della risposta di Chichibio, che configura come omologa la condizione della vita come della morte. Il non-razionale della battuta di Chichibio serve a spostare di piano lo scontro e a ridare la collocazione reale al piano della normalità. L’assurdo provoca un rovesciamento che ridà la vera dimensione della colpa di Chichibio. Nella sesta domina il paradosso: l’applicazione a una realtà assolutamente perfetta e senza tempo come Dio di una proprietà esclusivamente propria degli esseri nel tempo, come la mutazione e lo svolgimento. Nella settima, come si è accennato, si giustappongono due livelli di discorso, quello serio, giuridico-morale, e quello comico, che rovescia il punto di vista comune, contraponendo un principio economico-quantitativo a quello etico-qualitativo. L’effetto sorpresa, per noi lettori, come al tempo e nella situazione della storia per il podestà e i cittadini di Prato, è dato dal capovolgimento tonale del discorso della donna e della narrazione stessa. Dall’inizio tragico si va verso la soluzione comica, preannunciata certo nella premessa della narrazione di Filostrato - „festa e riso porse agli uditori" - e alla fine sottolineata dalle „molte risa" degli astanti. L’efficacia dell’„avvedimento verbale" di madonna Filippa sta proprio nella qualità dell’inatteso su cui si basa la sua antiteticità rispetto alla prima parte della narrazione vera e propria. Nella decima infine l’effetto è procurato dal rovesciamento delle finalità assegnate allo strumento apprestato ad offesa. Il canale è l’utilizzazione iperbolica del surreale linguistico che supporta il funambolismo dei comportamenti. In questa seconda serie la realizzazione dell’inatteso passa per le vie di un comico che mette fortemente in crisi il criterio di normalità.

Nella seconda serie i motti appaiono come „avvedimenti" dei protagonisti che fanno uso del non senso, dell’assurdità è di metafore. Viene messa in discussione la normalità tramite i loro punti di vista straordinari. Chiarisce Mineo (LA NOVELLA E IL COMICO, 1996, p. 82) su questo effetto del comico:

Complessivamente l’inatteso opera come una sorta di straniamento. Produce cioè uno spostamento di ottica, che fa riconsiderare da altri, impraticati, punti di vista la realtà che qualcosa a un certo punto ha improvvisamente turbato. E’ un effetto catartico del comico, e la parola, pur attraverso l’alea dell’offesa e della difesa, serve a ricomporre gli equilibri spezzati. L’aristocrazia del vivere è anche equilibrio e meditazione.