Apuleio: Metamorfosi
[31] Mi- ricordo che qui corsi un grandissimo pericolo di morte. Perchè un contadino aveva mandato a regalare a quel signore suo padrone un pezzo di caccia e precisamente un cosciotto molto grasso d'un cervo colossale. Con grande imprudenza l'avevano attaccato troppo basso dietro l'uscio di cucina e un cane da caccia se n'era furtivamente impadronito e, tutto contento della presa fatta, se l'era data a gambe sotto gli occhi dei guardiani. Quando s'accorse del danno, il cuoco, rimproverandosi la sua negligenza, non faceva che lamentarsi e versar lacrime che non servivano a nulla. E il padrone ragionava di già di volere andare a pranzo. Disperato e temendo di peggio, aveva già detto addio al suo bambino e, presa una fune, si preparava a impiccarsi. Ma alla fedele sposa non sfuggò l'estrema risoluzione del marito, e afferrando a forza con ambedue le mani il funesto laccio: - Fino a questo punto - gli disse - hai perso la testa? Tanta paura hai avuto di questo guaio che c'è successo? Ma non vedi che fortunatamente la divina provvidenza ci somministra il rimedio? Su, su, ascoltami! Se pure nell'estremo turbamento di questa disgrazia sei ancora capace di ritornare in te! Piglia quest'asino che non è di qui, portalo in un posto fuor di mano e scannalo. Levagli una coscia che paia quella che s'è persa e, dopo averla cotta ben bene in un intingolo molto saporito, servila al padrone invece di quella del cervo.
A quel malvagio delinquente non parve il vero di salvar la sua pelle con la mia e, lodata molto la sagacia della sua compagna, cominciò ad affilare i coltelli per la mia macellazione ormai decisa.