Biografia di Clarice Tartufari

La scrittrice, poetessa e drammaturga Clarice Gouzy, nasce a Roma nel 1868 da padre francese e protestante, poi convertitosi al cattolicesimo per convolare a nozze con Maria Luisa Servici, appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà. Dopo aver perso i genitori in tenera età, Tartufari e i suoi fratelli crescono presso il nonno paterno a Novilara prima, e successivamente vengono affidati alle cure dello zio Alfonso Servici. L’istruzione di Clarice Tartufari è composta sia dalle lezioni impartite da precettori privati, sia da letture autonome, dedicate inizialmente ai melodrammi del Metastasio, di Verdi e le poesie di vari autori, tra cui il poeta Tommaso Grossi e i testi di Jean Jaques Russeau.

Successivamente sposa Vincenzo Tartufari e si trasferisce con questi a Bagnora di Santa Fiora, in provincia di Grosseto. Esordisce come scrittrice nel 1887 con la novella Maestra, occupandosi, similmente ad altre scrittrici, del tema della discriminazione nei confronti delle donne che decidono di rendersi economicamente indipendenti.

Tartufari è molto attiva anche in ambito poetico e drammatico. Nel 1893 pubblica una raccolta di poesie, Versi, a cui segue nel 1887 Vespri di maggio, e un componimento A Giuseppe Verdi in morte della moglie, in stile tardoromantico. Notevole è la collaborazione con varie riviste dell’epoca, tra cui figurano la «Nuova Antologia» – che dal 1918 pubblica la quasi interezza della sua produzione –, «La Donna» di Torino, «La Ricreazione», e il «Fanfulla della domenica» di Roma. Le sue opere hanno un grande successo all’estero, soprattutto in Germania e Francia, dove vengono tradotte e messe in scena regolarmente. Insieme ad altre scrittrici, come Grazia Deledda e Ada Negri, Tartufari è tra le autrici della terza pagina culturale dei quotidiani italiani, la cui partecipazione è estremamente importante nel panorama culturale dell’epoca. Tra le sue produzioni teatrali più apprezzate si ricordano La salamandra (1906) e L’eroe (1904). La produzione teatrale della Tartufari si inserisce nel filone letterario del dramma borghese, con un’attenzione particolare alle tematiche sociali e all’attualità, come dimostra il suo interesse per la „questione femminile“.

Questa attenzione è viva anche nella narrativa, che, oltre che avere un ottimo successo di pubblico e critica in patria, gode di diverse traduzioni in francese e in tedesco. Il critico letterario Luigi Russo sottolinea lo stile balzachiano della scrittrice e non manca di elogiarne, e con lui anche Giuseppe Antonio Borgese, l’uso di una sintassi ordinata e simmetrica. I suoi romanzi più apprezzati come Miracolo (1909), Eterne Leggi (1911), All’uscita del labirinto (1914), Rete d’acciaio (1919), il dio nero (1921), vengono lodati dalla critica dell’epoca per il loro stile sobrio, obiettivo e, con sollievo di alcuni critici, libero da elementi autobiografici. Questi ultimi saranno trattati ampiamente nel 1924 nel testo autobiografico Il gomitolo d’oro. Il genere che più le viene ascritto è quello del romanzo sociale con alcuni elementi veristi e decadentisti.

Tartufari muore a Bagnore di Santa Fiora il 2 settembre del 1933.