Riprese tematiche

Enea Silvio Piccolomini: Chrysis

Enea Silvio Piccolomini (1405-1466), che diventerà poi papa Pio II, compose nel 1444 a Norimberga la commedia Chrysis. Nella scena settima della commedia latina, modellata sul senario giambico, troviamo un accenno alla novella di Chichibio. Il cuoco Artrace dichiara in un monologo la sua intenzione di impadronirsi di una coscia della gru che sta preparando per cena. In seguito dirà al padrone che le gru possiedono solo una zampa.

La connessione tematica tra la novella boccacciana e la scena settima della Chrysis consiste nel personaggio del cuoco e nell’animale che viene privato d’una parte del corpo. Il cuoco dice che le gru hanno solo una zampa, ma in realtà è lui d'aver commesso il furto ed è pronto a difendersi mediante una bugia.

La differenza tra la novella boccacciana e la Chrysis è che nella commedia stiamo diftonte ad un unico protagonista, il cuoco Artrace. Infatti la reazione del padrone è omessa. Per quanto riguarda la prova si tratta solamente di una prova del fatto che le gru hanno solo una zampa si tratta solamente di una prova immaginaria.

Della Casa: Galateo

Grazie al sostegno del vescovo Galeazzo Florimonte il Della Casa ebbe la possibilità di scrivere un libro sulle buone maniere. Perciò intitolò l’analisi e i consigli sul costume Galateo, secondo la forma latinizzante di Galazzo.

Secondo Milanini "il titolo è esemplato su Cicerone, che chiamava i suoi trattati Lelio o Catone maggiore, mentre il destinatario diretto va individuato quasi certamente in un nipote dello scrittore, Annibale Rucellai" (DELLA CASA, Premessa al testo, pp.23).

Il Galateo fu redatto probabilmente fra il 1551 e il 1555, ma stampato soltanto nel 1558, dopo la morte dell’autore.

L’ottavo capitolo dell’opera riprende un tema della novella boccacciana. Il Della Casa loda il comportamento‚cortese‘ di Currado Gianfigliazzi verso i suoi ospiti: fece bene "di non moltiplicare in novelle con Chichibio per non turbare i suoi forestieri".

Questa ripresa tematica della novella di Chichibio dimostra il valore educativo ed esemplare che il Decameron esercitava ancora nel Cinquecento.

Riprese del nome "Chichibio"

Nel saggio ‚Postilla a Chichibio‘ Giovanni Presa presenta sette componimenti che riprendono il nome di Chichibio (PRESA; 1589).

Presa riproduce "I componimenti in versi, prevalentemente dialettali", scritti dal XVI al XX secolo. In questi documenti letterari popolari il nome Chichibio (o chichibio) assume il carattere d’appellativo e allude alla stolidità o alla bruttezza.

Nessuno dei sette componimenti rinvia esplicitamente al cuoco della novella del Decameron. Presa non vede nessuna corrispondenza "del senso moralmente deteriore con cui viene usato chichibiio e Chichibio [nei sette componimenti], con i tratti morali del personaggio decameroniano" (PRESA, 1958, pp. 291).

Calmo: Rime piscatorie

Il seguente sonetto fu inserito dal Calmo nelle Rime piscatorie e stampato a Venezia nel 1553.

Nella poesia svolta in endecasillabi rimati il protagonista si rivolge ai lettori difendendo la propria privacy: difende il diritto di mangiare e consumare senza che gli altri s’interessino dei fatti suoi. Soprattutto il protagonista per sopravivere non vuole servire agli sciocchi, chiamati ‚murlon‘ o ‚chichibio‘.

Chi no sa, che mi vivo per manzar?

E per industria, e per voler de Dio.

Chi è quel che vol cercar el fatto mio,

Si consumo e si atendo a trionfar?

Chi nol sa, che no vogio bastasar?

Ni andar a questo, e a quel, tutto el di, drio?

Ni servir tal murlon, tal chichibio,

che no xe boni gnanea da brusar?

Chi non sa, che si havesse di ducati

Ognun me caverave de bereta

Si ben fusse sta cuogo a Giesuati?

Chi noI sa, che sta terra benedeta

Fa careze a un poltron vende-mustarda

E un savio à briga ch'un furfante '1 varda?

Il primo canto de Orlando Furioso in lingua venetiana

Il poema in ottave fu composto per Benedetto Clario e stampato a Venezia nel 1557.

L’ottava che tratta di Sier Chichibio "corrisponde alla trentaduesima ottava del poema ariostesco. Rinaldo, che insegue inutillmente Angelica, è detto Sier Chichibio; e due versi più avanti, Rinaldo, che insegue inutilmente Baiardo, è detto Batholamio. Al secondo appellativo è attribuito poi la qualifica di minachion, che ribadisce il senso dispregiativo dei due appellativi riferiti a Rinaldo. La cosa non deve meravigliare quando si pensi quale scadimento di prestigio han dovuto patire gli eroi dei romanzi cavallereschi, nei rifacimenti popolari." (PRESA, 1958, pp. 289).

Presa aggiunge che il nome Bartholamio (o Bartolomeo) era usato nel senso di sciocco.

Ma puoco va st’altro Sier Chichibio,
che l' vede so caval vegnerse adosso;
ma el xe cusì minchion Bartholamio,
che'1 no lo tien sto buffalorum grosso.
El ghe darà mo del naso da drio,
chel caval corre e traversa ogni fosso.
Ma laghemo Renaldo andar per oio
Che de Madona Angelica dir voio.

Antonio Molino: I fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto

M. Antonio Molino, detto il Burchiella, compose nel 1561 un poema ad imitazione dell’Orlando Furioso. L’opera fu stampata a Venezia e è s'intitolata ‚I fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto‘.

Nel canto III dell’opera composta in ottava rima si trova un accenno al nome Chichibio: ‚chie mi non la xe minga un chichibio‘. In questo esempio ‚essere un Chichibio‘ viene generalizzato come caratteristica negativa. Secondo il Presa in questo contesto ‚chichibio‘ significa‚buono a nulla o fanfarone‘ (PRESA, 1958, pp. 289).

" Stonorismòssa - Blessi la respuse -

Fa chello chie te] piase, Segnur mio:

Lassa pur far a mi romper ste nuse;

Chie mi no la xe miga un chichibio .

Farò sunar mi altro chie balduse,

A chel becco scurnà inasenio.

Chie me tulse del man la mia mugiera,

Plio bella assai, chie no xe una sparvera".

C. G. Croce: Gabalao

Il Gabalao è un componimento popolare proveniente dall’Emilia. Fu stampato in lingua veneziana nel 1606.

Le due strofe composte di ottonari, formate ciascuna di due distici parlano della poesia stessa. Nella prima strofa viene detto che il componimento è ‚bel retratto‘ e ‚natural(e)‘. Nella seconda strofa l’immagine viene precisata: la poesia è equilibrata nella forma e nel ritmo.

Gli ultimi versi danno alla poesia un ulteriore significato: la poesia ha un significato di per sé, anche se sembra un ‚chichibio‘. Il ‚chichibio‘ in questo contesto può significare‚brutto‘.

Chi veder vol co' son fatto,
mira qua sto bel retratto,
perchè chi mi ha stampao,
natural m'á disegnao.

Non son gobbo, nè son zotto
e non corro e manco trotto.
E so fare el fatto mio
Se ben paro un chichibio .

C. G. Croce: Sonetto in difesa dal Gobbo Nan

Anche in un un‘altra poesia il Croce accenna al nome ‚Chichibio‘. Non si conosce la data precisa della pubblicazione del sonetto scritto in lingua italiana. In questo sonetto ‚Chichibio‘ ha il significato di‚uomo brutto‘.

E s'a voi pare in vista un Chichibio
A me pare un Narciso; e se costrutto
alcuno ci ha d'aver, voglio avern'io.
Vi dico ch' egli è mio.

D. Rondinelli: Gli humori stravaganti

Rondinelli pubblicò a Vicenza nel 1610 le Rime piacevoli del Borgogna. Di questa raccolta fa parte la poesia ‚Gli humori stravagnati‘ che contiene un accenno al nome ‚Chichibio‘. Il senso di ‚Chichibio‘ in questo caso è quello di‚sciocco‘.

Ch'a la mensa mi toglio
Ma a l'uva, a' fichi, a le castagne anch'io
Non stimarei Alesser Alvise mio.
Ho per un Chichibio
Cevalo, e il pellizzar per un babion,
Pur che non siano in caneva al secchion.

G. Mor: Versi trentini

Il sonetto tratto dalla raccolta Versi trentini di G. Mor fu scritto nel 1914 e pubblicato a Trento nel 1922. In questo sonetto il ‚chichibio‘ potrebbe rappresentare la personificazione di un uccello tramite la voce onomatopeica.

Vera l'é: m'é scampà '1 me chichibío ,
en bel canarinòt, en bon tenór!

Me l'ho arlevà dal temp che '1 féa pio pio
en cabiòla, fin quando '1 féa l'amor.